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Il caldo si combatte anche a tavola!

Il caldo si combatte anche a tavola!

di Armando Sarti

L’organismo umano ha sistemi di termoregolazione molto efficienti. Al giorno d’oggi però sembra che non si riesca più a sopportare né il caldo intenso né il freddo pungente. La refrigerazione dell’aria, così come il riscaldamento degli ambienti, pone seri problemi di inquinamento dell’aria e sostenibilità ambientale. Per questo è necessario utilizzare il condizionamento della temperatura ambientale, se proprio non se ne può fare a meno, con molta parsimonia.

Un contributo importante per tollerare meglio la calura estiva è rappresentato dalla giusta alimentazione, seguendo alcuni semplici consigli.

  • Mangiare di meno, cioè assumere meno calorie riducendo le porzioni ad ogni pasto. Anche la riduzione delle quantità di 1/4 o 1/3 rispetto agli abituali consumi produce un risultato significativo. Da evitare del tutto le abbuffate di carni, salumi e formaggi stagionati sotto forma di grigliate o fritture. Privilegiare il pesce azzurro cucinato semplicemente, insaporito con prezzemolo e limone ed eventualmente le carni bianche (pollo o tacchino). Un solo piatto a pranzo e cena, un primo o un secondo, con verdure abbondanti è l’ideale.
 
  • Non consumare cibi caldi o riscaldati. Meglio le pietanze crude, sotto forma di insalate da tenere in frigorifero e consumare poi dopo qualche minuto. Anche minestre, consumate fredde, di verdure di stagione (peperoni, radicchio, zucchine, melanzane). Mantenere l’acqua e le bevande fredde, aggiungendo eventualmente cubetti di ghiaccio per evitare il riscaldamento progressivo causato dall’ambiente.
  • Privilegiare verdure crude in insalate o appena scottate e lasciate raffreddare e frutta di stagione, evitando fritti, sughi e piatti elaborati ottenuti da cotture prolungate con largo utilizzo di grassi. L’olio extravergine d’oliva rappresenta il grasso migliore da utilizzare a crudo per favorire la digeribilità. Più la digestione è facile e pronta meglio funzionano i meccanismi di termoregolazione.
  • Bere di più. Difficile dire quanto di più dato che dipende dalla sudorazione e altri molteplici fattori, comunque di più di quanto siamo abituati a bere. Acqua, infusi e tisane fredde, ma non ghiacciati. Non consumare bibite zuccherate. Fare a meno anche dei liquori, superalcolici e amari. Per avere dell’adeguatezza dell’idratazione è sufficiente controllare il colore della propria urina. Deve risultare acquosa, o di colore chiaro, non carico. Prima, durante e dopo l’attività fisica è bene bere spesso a piccoli sorsi. anche se non si avverte il bisogno.
  • Evitare o ridurre l’apporto di alcol, solo un mezzo bicchiere di vino ai pasti principali.
  • Non eccedere con il caffè, al massimo una tazzina a colazione e una dopo pranzo.
  • Alcuni alimenti risultano particolarmente favorevoli per combattere il caldo. Sono i vegetali ricchi di antiossidanti, vitamine, acqua e sali minerali, come il potassio e il magnesio. Fra questi i cetrioli, le zucchine, la lattuga, i pomodori, il sedano e le carote. La menta utilizzata in foglie fresche per insaporire le pietanze o nelle infusioni a freddo ha attività rinfrescante. Fra i frutti sono particolarmente indicati l’anguria, il melone e le pesche, da consumare dopo refrigerazione.

Armando Sarti, Medico

già direttore, Dipartimento d’Emergenza e Terapia Intensiva Azienda Sanitaria di Firenze

Sicurezza alimentare

Sicurezza alimentare

di Armando Sarti

Il 7 Giugno è stata celebrata la giornata mondiale della sicurezza alimentare con tutta una serie di eventi, convegni e dichiarazioni per sensibilizzare l’attenzione per la sicurezza degli alimenti e delle bevande che quotidianamente mettiamo in bocca. La Giornata mondiale della sicurezza alimentare (World Food Safety Day) è stata proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per mantenere alta l’attenzione sul tema della salubrità degli alimenti e dell’ambiente. Lo slogan di quest’anno è: “Cibo sicuro ora per un domani sano”.

Le malattie di origine alimentare non sono in genere visibili all’occhio umano.  Sono causate da batteri, virus, parassiti o sostanze chimiche che entrano nel corpo attraverso il cibo, l’acqua e le bevande contaminati. Migliorare la sicurezza alimentare vuol dire quindi migliorare il benessere delle persone e la loro aspettativa di vita in salute. 

La FAO stima che ogni anno si verificano 600 milioni di casi di malattie di origine alimentare che colpiscono soprattutto le persone più vulnerabili, in particolare donne e bambini, le popolazioni che si trovano al centro di conflitti, in difficoltà economica e i migranti. Circa 420.000 persone in tutto il mondo muoiono ogni anno dopo aver ingerito cibo contaminato, ma sono soprattutto i bambini sotto i 5 anni di età i più colpiti: 125.000 decessi ogni anno, ovvero il 40% del totale.

In Italia i NAS effettuano costantemente controlli regolari e a campione sulle derrate alimentari. Ci sono limiti definiti di legge per quanto riguarda i contaminanti più diffusi utilizzati nei campi e nella preparazione e conservazione del cibo, ma nessuno conosce l’effetto cumulativo sulla salute dell’insieme delle tantissime sostanze chimiche utilizzate in tutta la filiera produttiva.

Il cibo etichettato come biologico è controllato e analizzato dal campo fino alla distribuzione in modo capillare e accurato per ottenere la certificazione specifica e offre garanzie molto più convincenti per la sicurezza alimentare.

La tematica della sicurezza alimentare non riguarda solo il rischio infettivo o l’intossicazione acuta da contaminanti che provocano danni immediati alla salute, soprattutto nelle aree del mondo a basso tenore economico.

L’alimentazione riguarda tutti, in ogni parte del mondo ed è sempre più cruciale per il benessere individuale e collettivo. L’evento richiama formalmente tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite a inserire la sicurezza alimentare nell’agenda pubblica.  La sicurezza alimentare comunque riguarda tutti, ad ogni livello e non può prescindere da una responsabilità condivisa.

Il tema, inquadrato ad ampio spettro, è senza dubbio fondamentale non solo per garantire la salubrità del cibo, ma anche per invertire la tendenza attuale allo sfruttamento senza criterio delle risorse alimentari, strettamente connesso alla salute del suolo e al cambiamento climatico.

Il cibo è essenziale per la vita e non dovrebbe mai essere veicolo di intossicazioni e malattie. Esistono per questo i vari organismi nazionali per il controllo della sicurezza alimentare, ma non sarà mai possibile garantire per tutti cibo sano se non saranno fatte rapidamente scelte drastiche sulla produzione, trasformazione, conservazione e distribuzione delle derrate alimentari nelle varie realtà del mondo.

La trasformazione dell’agricoltura e dell’allevamento animale dal modello industriale attualmente diffuso ad un’attività di tipo ecologico e rigenerativo, che rispetti il suolo, il benessere animale e la sostenibilità dell’ambiente di tutta la biosfera, in piccola parte già in atto, richiede uno sforzo operativo enorme, soprattutto di tipo culturale, che spinga i governi e le organizzazioni internazionali verso una drastica e rapida transizione ecologica, indispensabile per garantire la vita futura del pianeta.

Si tratta ovviamente di superare le forti resistenze delle lobbies dell’industria agro-alimentare, delle varie multinazionali che condizionano le leggi e normative nazionali e sovranazionali e che perderebbero gli enormi profitti realizzati a scapito del benessere collettivo, proponendo per mezzo di un marketing aggressivo cibo dannoso per la salute individuale e ambientale.

Si tratta anche, da parte delle istituzioni, di favorire per mezzo di incentivi la produzione di cibo ottenuto con approccio biologico, per lo più locale e stagionale, da filiere corte, ottenuto senza forzature, limitando al massimo il ricorso alla chimica in tutte le fasi della produzione, conservazione e distribuzione. Lungo tutto il processo, dal campo alla tavola.

Indispensabile anche, sia da parte delle istituzioni che delle organizzazioni senza fini di lucro, un’opera continua di divulgazione scientifica sulla sana alimentazione per gli esseri umani, allo stesso tempo rispettosa per gli animali e l’ambiente, che garantisca un futuro anche alle generazioni che verranno.

Anche i consumatori, cioè tutti noi, possono così condizionare con le proprie scelte la produzione di alimenti sani, se correttamente informati sugli effetti deleteri del cibo processato dalle multinazionali, che attualmente detengono un primato assoluto su quanto è disponibile nei nostri supermercati.

Il potere che abbiamo, come comunità di consumatori, è in questo senso enorme e potrebbe facilmente orientare l’attività della proposta alimentare a tutto vantaggio dell’economia locale, delle aziende che sono da tempo impegnate in questa direzione e di tanti onesti piccoli produttori locali nei mercati rionali o tramite i gruppi di acquisto.

In Italia, dal punto di vista della sicurezza alimentare si comincia a vedere qualche effetto positivo. Negli ultimi dieci anni le vendite di pesticidi sono diminuite del 32%, come emerge dall’analisi Coldiretti sulla base dei dati Eurostat (l’Ufficio statistico dell’Unione Europea). Questi dati riguardano i residui di pesticidi presenti su frutta, verdura, cereali, latte e vino. In Francia il calo è minore, del 10%. D’altra parte in altri paesi europei, come la Spagna, il consumo di pesticidi aumenta.

La transizione auspicata dall’agricoltura convenzionale a quella biologica e rigenerativa per il terreno, se attuata rapidamente, farà crollare la quantità dei contaminanti chimici negli alimenti a tutto vantaggio della salute e della sostenibilità dell’ambiente, riducendo gli effetti già in atto del cambiamento climatico. 

Anche per gli alimenti di origine animale è necessaria una brusca inversione di tendenza che spinga i produttori a rinunciare agli allevamenti intensivi, rispettando gli animali, evitando sofferenze crudeli e inutili, senza forzare la crescita con antibiotici, ormoni e alimentazione inadatta.

Anche in questo senso le scelte dei consumatori saranno cruciali. Non si può rincorrere il risparmio ad ogni costo. Il cibo vero non può costare troppo poco. Quello che si pensa di risparmiare sarà inevitabilmente pagato poi da tutti con problemi di salute, inquinamento e ulteriore attacco ad un ambiente del mondo già in profonda crisi.

Si tratta, come comunità, almeno nei paesi cosiddetti sviluppati, di effettuare scelte consapevoli e mirate, evitando il consumismo. Mangiare di meno e meglio, cibo vero e sano, ben preparato e se possibile consumato in modo piacevole e conviviale, evitando ogni spreco.

Armando Sarti, Medico

I determinanti principali della longevità in salute

I determinanti principali della longevità in salute

di Armando Sarti

Nel corso dei decenni passati l’aspettativa di vita si è progressivamente allungata, con alcune eccezioni per quanto riguarda l’ultimo anno, il 2020, per effetto della pandemia. In ogni caso la longevità media si assesta in Italia al di sopra degli 80 anni (Corriere della Sera, https://www.corriere.it/economia/lavoro/21_marzo_10/covid-abbatte-speranza-vita-italiani-dati-istat). Quindi la durata della vita è più lunga, ma la qualità della vita non è affatto detto che proceda di pari passo con la durata. Molte persone non desidererebbero prolungare una vita ritenuta non degna di essere vissuta e a completo carico degli altri.

Una gran parte delle persone anziane sono affette da malattie croniche che minano spesso il benessere e l’apprezzamento del vivere. Più che la durata della vita in assoluto (lifespan) dovremmo considerare, come reale progresso, l’arco temporale della vita passata in salute (healthspan), o con problemi sanitari tollerabili, cioè liberi da malattie devastanti che causano sofferenza inaccettabile e non autosufficienza e che richiedono un costo sanitario, riabilitativo e sociale sempre meno sostenibile per le tante famiglie non ricche e per la società.

La pandemia da Covid-19 ha rivelato quanto la salute individuale sia legata alla salute di tutti. Siamo cioè tutti sulla stessa barca e solo attuando una profonda revisione degli stili di vita sarà possibile vivere ed invecchiare in salute in un mondo che ha disperato bisogno di un’inversione di tendenza, senza inseguire la crescita economica e i prodotti interni lordi ad ogni costo. Si tratta, sia a livello individuale che a livello istituzionale, di privilegiare tutte quelle scelte che riducano l’impatto negativo sulla salute fisica e psichica delle persone e del pianeta nel suo insieme.

Noi tutti, come consumatori abituali di beni e servizi, abbiamo il potere di influire sulle nostre scelte alimentari, e il potere della nostra bocca è assai rilevante se scegliamo bene cosa metterci dentro. Possiamo intervenire anche su come ci vestiamo, ci spostiamo, su cosa compriamo ed evitiamo di comprare e più in generale su un’attitudine parsimoniosa del nostro stile di vita.

Un atteggiamento ecologico senza sprechi, che rifugga dai troppi stimoli consumistici e dalle presunte necessità indotte dai modelli costantemente proposti della pubblicità e dai bisogni fasulli generati da proposte di vita ed economia assurde e insostenibili.

Ma torniamo alla longevità in salute. I determinanti sono tanti, sia quelli generali della biosfera, come la qualità dell’aria, delle acque, del suolo, la gestione dei rifiuti e l’efficacia dei sistemi sanitari e di prevenzione, che non trattiamo qui, sia quelli individuali, fra i quali, bisogna ricordare in primo luogo l’alimentazione, l’esercizio fisico e gli aspetti relazionali e sociali del nostro modo di vivere.

Come è adesso il mondo attuale nell’Antropocene, caratterizzato da una sconsiderata predazione delle risorse, avvelenato e sfruttato al massimo senza riguardo per le generazioni future, lascia molto perplessi e seriamente preoccupati per il futuro. Ciò nonostante un atteggiamento positivo di speranza è indispensabile per non farsi paralizzare dalla disperazione e dall’impotenza. Bisogna reagire. Il “pessimismo dell’intelligenza,  e l’ottimismo della volontà”, per dirlo con un editoriale di Gramsci (1).

Molto prima, nel V° secolo DC Sant’Agostino ci dice che la Speranza ha due magnifiche figlie che si chiamano Rabbia e Coraggio. La rabbia per come vanno le cose e il coraggio per fare in modo che non rimangano come sono (2).

L’alimentazione svolge un ruolo fondamentale per la longevità e la salute in generale. Esistono tantissime diete propagandate per dimagrire, per contrastare particolari disturbi o per la salute in generale (3). Insistono soprattutto sul privilegiare o ridurre drasticamente una componente dei macronutrienti, le proteine, i carboidrati e i grassi e in generale sono tutte squilibrate, soprattutto se mantenute a lungo. Il valore del cibo va ben oltre all’analisi chimica dei macronutrienti. Siamo ben lontani dal comprendere scientificamente tutti gli effetti che si producono nell’organismo con le varie scelte alimentari. Alcuni aspetti derivanti dall’osservazione millenaria attuata in Oriente forniscono al riguardo spunti interessanti e suggestivi.

Anche se la ricerca sulla nutrizione presenta molti problemi, una mole consistente di dati scientifici sono disponibili a sostegno di un approccio alimentare di tipo mediterraneo, basato su una gran varietà e quantità di alimenti vegetali, verdure e ortaggi, cipolle e aglio, legumi, cereali prevalentemente integrali sotto forma di pane e pasta, frutta fresca, semi oleosi e buon olio d’oliva. Il pesce e le uova sono rappresentati in generale da una o due porzioni alla settimana, mentre i latticini e la carne sono consumati più raramente (4). E’ uno stile alimentare, cioè, più simile a quello dei nostri nonni senza le limitazioni imposte dalla povertà, che non a quello attuale delle popolazioni che si affacciano sul Mediterraneo, che purtroppo indugiano sul cibo industriale, processato dalle multinazionali e sul consumo eccessivo di prodotti animali.

 

Lo stile mediterraneo inoltre prevede che i pasti siano consumati con calma e buon umore, in modo conviviale e piacevole, con un bicchiere di vino per chi lo desidera. Questo approccio alimentare, che non prevede il consumo di cibo spazzatura (junk food) ed è assai ricco di grassi sani, polifenoli, fibre e sostanze antiossidanti, è associato secondo tanti studi, di differenti centri di ricerca, con la longevità, il mantenimento di una buona funzione cerebrale e un rischio ridotto di malattie cardiovascolari, degenerative e tumori (4).

Vantaggi per la salute sono dimostrati anche con uno stile alimentare di tipo asiatico, povero di grassi, anch’esso molto ricco di vegetali, pesce e alghe (4). Non a caso il Giappone e l’Italia sono fra i paesi più longevi al mondo. Un dato molto convincente viene fuori anche dallo studio dello stile di vita delle popolazioni longeve, sparse nel Mediterraneo, in Giappone e in alcune altre parti del mondo. I centenari in salute, indipendentemente da dove vivono, hanno tutti uno stile alimentare che ha le stesse caratteristiche di base: la restrizione calorica alimentare, cioè non mangiare troppo, ma alzarsi da tavola non completamente sazi, un approccio prevalentemente vegetariano, una vita attiva, sia in senso fisico che in senso relazionale, affettivo e sociale.

Non è affatto necessario assumere uno dei tanti integratori propagandati costantemente dai produttori per rimettersi in forma e “fermare” l’invecchiamento, ma un dosaggio dei livelli delle vitamine D3 e B12 è indicato ad una certa età per intervenire, se necessario, con la supplementazione. Questo è tanto più necessario per chi segue una dieta vegana stretta, che necessita sempre, prima o poi, di integratori.

La vita fisicamente attiva, che lascia poco spazio alla poltrona o al divano, è un altro elemento fondamentale dell’invecchiamento in salute e del ridotto rischio di contrarre le tipiche malattie del XXI° secolo, come quelle del cuore e dei vasi, il diabete, i tumori, l’artrosi debilitante, le malattie neurologiche degenerative e il decadimento cognitivo. Non è necessario che l’esercizio fisico sia sempre intenso e non basta una mezz’ora di palestra un paio di volte alla settimana. Sono sempre consigliate le passeggiate, se possibile in buona compagnia. Deve essere privilegiato soprattutto uno stile di vita attivo tutti i giorni, riducendo i tempi di inattività e sfruttando ogni occasione per tenersi in movimento, come spostarsi spesso a piedi, la bicicletta, il non utilizzo dell’ascensore se possibile e concedersi qualche occasione settimanale di esercizio più intenso, come la camminata prolungata in salita, nei boschi, nei parchi e comunque all’aria aperta.

Non è solo questione di muscoli, è essenziale anche come si respira, cosa si annusa e cosa si vede influiscono su di noi in modo chiaro. Il verde dei boschi e l’azzurro del cielo e del mare, come anche gli odori naturali hanno infatti effetti positivi sul benessere in generale e sulla qualità del sonno.

Qualche esercizio di potenziamento muscolare, sia a corpo libero, che con pesi adatti alle proprie possibilità o nastri elastici è molto importante per il mantenimento della massa muscolare che con il tempo tende progressivamente a diminuire.

Alcune attività specifiche, associate alle tecniche di respirazione, alla flessibilità articolare, all’equilibrio e al tono muscolare, come lo Yoga,  il Tai chi e il Qi Gong, risultano particolarmente favorevoli per la salute. Sono tecniche che si abbinano a uno stato mentale di rilassamento, fino alla meditazione vera e propria.

 

La pratica della meditazione è infatti anch’essa associata all’invecchiamento in salute, così come la preghiera, sotto qualsiasi forma sia pensata e attuata. Una fede, in senso lato, non solo riferita a quella religiosa, intesa come una disposizione all’ottimismo e alla fiducia, è molto spesso presente nelle persone che vivono a lungo in salute.

Fra i fattori psichici rilevanti per la longevità non si può trascurare il mantenimento della vita affettiva e dell’amore per le persone e le comunità e lo sviluppo di nuove relazioni e amicizie (5-7).

Una buona disposizione d’animo verso le persone e il mondo in generale fa vivere meglio e fa ritardare l’invecchiamento. L’altruismo, il volontariato e il prendersi cura degli altri non fanno bene solo a chi riceve le attenzioni, ma influiscono in modo rilevante sul sentimento positivo e appagante interiore di chi è impegnato in queste attività, a tutto vantaggio della salute psichica e del rallentamento dell’invecchiamento.

Non solo la beneficenza e il volontariato organizzato. Si tratta di un atteggiamento empatico e benevolo verso tutte le persone e gli esseri viventi del pianeta, che genera tranquillità e serenità. A partire da chi sta intorno a noi, senza rimuginare su veri o presunti torti subiti, su contrasti mai superati e su atteggiamenti che ci sembrano ingiusti. Non dimenticare ma piuttosto guardare al presente e al futuro con un senso di fratellanza (6).

Analisi biochimiche rivelano che gli effetti dell’altruismo si evidenziano con modificazioni positive sulla funzione immunitaria, sui neurotrasmettitori cerebrali, come la ossitocina e la vasopressina e su un minor livello degli ormoni dello stress, fra cui il cortisolo. Donare in senso lato è associato anche ad altri benefici, come la riduzione della pressione arteriosa, un miglioramento dell’umore con effetto anti-depressivo, senso di appagamento e felicità, oltre che a un allungamento della vita in salute.

Alcuni studiosi hanno rilevato che la stessa area cerebrale attivata dal piacere, dal cibo e dal sesso (reward system) è attivata nei soggetti che semplicemente pensano di donare denaro o fare comunque opere di beneficenza. Al contrario un atteggiamento cinico ed egoista genera stress e malumore. Gli studi che mettono in relazione la generosità con la longevità sono numerosi e confermati da Autori e centri di ricerca diversi (5).

“We make a living by what we get,

but we make a life by what we give.” (8) 

“Ci guadagniamo da vivere con ciò che otteniamo,

ma costruiamo una vita con ciò che doniamo”

Winston Churchill

 

 

Riferimenti bibliografici:

  • https://it.wikipedia.org/wiki/Pessimismo_dell%27intelligenza,_ottimismo_della_volont%C3%A0
  • Saint Augustine. Quoted in: Timothy J. Brill. A Whole New Attitude. Bloomington, IN: iUniverse LLC; 2013: 99.
  • L. Katz and S. Meller. Can We Say What Diet Is Best for Health? Annu. Rev. Public Health 2014. 35:83–103.
  • Francesco Sofi, Claudio Macchi, Rosanna Abbate, Gian Franco Gensini and Alessandro Casini. Mediterranean diet and health status: an updated meta-analysis and a proposal for a literature-based adherence score. Public Health Nutrition: 17(12), 2769–2782.
  • Larry Dossey MD Executive Editor , The Helper’s High, EXPLORE (2018), doi: https://doi.org/10.1016/j.explore.2018.10.003
  • Tobias Vogt, Fanny Kluge, and Ronald Lee. Intergenerational resource sharing and mortality in a global perspective. PNAS October 20, 2020.
  • Judith Campisi, Pankaj Kapahi, Gordon J. Lithgow, Simon Melov1John C. Newman1& eric verdin.  From discoveries in ageing research to therapeutics for healthy ageing. 11 JULY 2019 | vOL 571 | NATURe | 183.
  • Churchill W. Quoted in: Richard B. Gunderman. We Make a Life by What We Give. Bloomington, IN: Indiana University Press; 2008: 56

Armando Sarti, Medico

già direttore, Dipartimento d’Emergenza e Terapia Intensiva Azienda Sanitaria di Firenze

Il Soffritto

Il Soffritto

Quel mix formidabile di gastronomia, saggezza e scienza

di Armando Sarti

È opinione diffusa e sostenuta dalla scienza che il cibo fritto non faccia bene se consumato molto spesso o in eccesso. Soffritto fa rima con fritto. Questa assonanza fa credere a tanta gente che il soffritto non si digerisca facilmente e faccia male al fegato. Niente di più falso, purché sia fatto bene.  Chi l’ha detto che una cosa particolarmente buona al palato debba necessariamente fare male!

È un preparato essenziale della cucina mediterranea, in cui la tradizione popolare, la più fine gastronomia e l’attuale conoscenza scientifica si fondono insieme a tutto vantaggio del gusto e della salute. Per soffritto, sofrito per gli Spagnoli, entrato anche nella lingua inglese americana, sautéed in inglese britannico, derivante dal francese sautés, refogado in portoghese, sotarisména in greco, s’intende una preparazione vegetale, in olio d’oliva o più raramente in burro o strutto, come base di cottura e condimento per l’esaltazione del gusto di un gran numero di ricette, come ortaggi, verdure, carne, pesce e uova. 

Consiste generalmente in un trito o dadolata (mirepoix per la tradizione culinaria francese, battuto in Italia), di cipolla, sedano, aglio, prezzemolo e carota, tagliati a mano finemente o in modo un po’ più grossolano, secondo le varie ricette. Molti altri componenti vegetali e piante aromatiche, come scalogno, porro, peperoni, capperi, mela, zenzero, rosmarino, salvia, alloro, peperoncino e basilico, sono aggiunte per preparazioni specifiche in varie parti dell’area mediterranea e del mondo. Per ottenere una salsa rossa è spesso aggiunto dopo qualche minuto anche il pomodoro, passato o in pezzi più o meno fini. Per alcuni piatti si aggiunge a rosolare anche lardo, pancetta, prosciutto o guancia di maiale in cubetti, per altri qualche acciuga.  Il tutto viene messo in una padella o in un tegame e fatto friggere molto delicatamente in olio. In Francia e Nord Italia si usa spesso il burro.

Si fa soffriggere più che friggere in realtà, da cui il termine, cioè sfrigolare dolcemente a fuoco basso per tempi variabili, ma comunque abbastanza brevi, fino al cambio di colore, quando la cipolla diventa trasparente, o fino a una doratura molto leggera che esalti il sapore degli ingredienti senza farli bruciare. Così facendo si riduce la perdita di vitamina C, sensibile al calore. Questo aspetto è essenziale, sia ai fini salutari che per evitare che il composto acquisti un sapore amaro, sgradevole. Non è consigliabile distrarsi. Se succede il composto deve essere scartato e si ricomincia daccapo. La buona cucina pretende dedizione. Per evitare subito l’eccessivo imbrunimento è utilizzato talvolta del vino bianco o rosso per abbassare immediatamente il calore. Si fa poi sfumare per far evaporare la parte alcolica.

Il soffritto è poi utilizzato come base per la preparazione di salse per la pasta, zuppe, minestre, ragù, sughi di ogni tipo, legumi bolliti, spezzatini di verdure, di carne e di pesce. Il soffritto preparato a regola d’arte è una combinazione di sapori indispensabile per la riuscita di tante pietanze. Deve risultare di odore e aspetto invitante e gradevole.

Si narra che in Occidente il soffritto sia stato descritto per primo dal cuoco di un nobile francese, il Duca di Lévis-Mirepoix nel 1600. In realtà queste varie preparazioni, senza l’aggiunta di pomodoro, compaiono nella tradizione italiana, e in tanti paesi che si affacciano sul Mediterraneo, già molto tempo prima. Il pomodoro, portato in Europa dall’America centrale nel sedicesimo secolo, compare nella cucina europea molti decenni dopo e ha trovato in tavola particolare fortuna soprattutto in Italia.

Le verdure e gli ortaggi utilizzati per il soffritto, come la cipolla, il sedano, l’aglio e l’olio extravergine d’oliva, contengono in quantità sostanze protettive da crudi. Studi recenti fanno vedere che durante la cottura eseguita in modo corretto, a bassa temperatura, si creano ulteriori componenti bioattivi, derivati dai carotenoidi e polifenoli che esercitano effetti favorevoli per la salute. La combinazione più salutare si ha abbondando con la cipolla e l’aglio. Un ulteriore rafforzamento della quantità di sostanze favorevoli si ottiene aggiungendo il pomodoro. Il licopene contenuto nel pomodoro, infatti, risulta più attivo e biodisponibile dopo una breve cottura. È bene sottolineare ancora che è cruciale che la temperatura sia mantenuta non troppo alta, evitando picchi di calore. Il mix di verdure infatti deve essere messo in padella a freddo nell’olio, prima di avviare la fiamma. 

È pratica corrente di chi scrive preparare il battuto con il coltello aggiungendo un po’ d’olio nel tagliere, dato che alcune sostanze benefiche e saporite eteree sono volatili.

Se c’è l’olio durante la spezzettatura, queste sostanze sono trattenute nell’insieme del battuto perché sono anche liposolubili, cioè si sciolgono nei grassi e non si disperdono.

Anche l’aggiunta di erbe aromatiche come il timo, l’origano e il rosmarino aumenta il contenuto totale di antiossidanti rilevabile dopo la cottura e migliora il sapore del preparato.

L’olio extravergine d’oliva è l’altro ingrediente fondamentale per ottenere la massima espressione e attività biologica delle sostanze favorevoli degli ortaggi e delle verdure, come la quercetina, la naringenina e l’acido ferulico, che si sciolgono proprio nell’olio durante la cottura. Proprio al soffritto infatti è riconosciuto un ruolo importante per spiegare gli effetti benefici della dieta mediterranea. Il soffritto a base di cipolla, aglio e pomodoro in olio d’oliva riduce infatti il rischio di malattie cardiovascolari. Sia i polifenoli che i composti carotenoidi e i loro metaboliti prodotti durante la cottura (ad esempio la naringenina glicuronide) sono in grado di inibire l’ossidazione delle lipoproteine a bassa densità (LDL, il cosiddetto colesterolo cattivo). Si ottiene così un’inibizione dello stress ossidativo di tutto l’organismo. 

Da ricordare che l’ossidazione di queste molecole è alla base della formazione delle placche aterosclerotiche che occludono le arterie provocando infarti e ictus.

Il licopene del pomodoro, aggiunto al soffritto per preparare la salsa di pomodoro e il ragù, tipici di tanti piatti italiani e mediterranei, aggiunge effetti positivi che mantengono la salute cardiovascolare mediante un’azione vasodilatante (ossido nitrico) sull’endotelio (le cellule del lume dei vasi sanguigni) delle arterie e capillari, migliorando così il flusso di sangue agli organi, anche nei soggetti obesi.
A livello intestinale il soffritto preparato bene esercita un’azione antinfiammatoria importante. La letteratura scientifica attesta inoltre effetti protettivi nei confronti di alcuni dei più diffusi tumori, come il cancro al seno nelle donne e quello alla prostata degli uomini.

Abbiamo già ricordato l’importanza dell’evitare alte temperature di cottura. Ogni grasso alimentare infatti, se sottoposto ad eccessivo riscaldamento, raggiunge il punto di fumo, si alterano le molecole e si formano composti tossici, come l’acreolina. La temperatura del punto di fumo varia a secondo del tipo di sostanza grassa utilizzata. L’olio d’oliva e quello di arachidi hanno punto di fumo abbastanza alto, attorno ai 180 gradi, per altri oli e per il burro il punto di fumo è più basso, intorno ai 150 gradi. Per non raggiungere il punto di fumo bisogna abbassare subito la fiamma quando il composto comincia dolcemente a sfrigolare, in modo da non superare i 100 gradi e per alcuni addirittura i 60-70 gradi, realizzando più che un soffritto la cosiddetta “infusione forzata”, cioè una base di cottura particolarmente delicata. Alcuni cuochi utilizzano anche la tecnica di spegnere la fiamma e riaccenderla poco dopo, ripetendo l’operazione più volte, per evitare l’eccessivo calore. Altri mettono in padella a fuoco basso la cipolla, il sedano e la carota senza olio inizialmente, in modo da realizzare una leggera tostatura.

È essenziale anche utilizzare padelle o tegami antiaderenti di buona qualità per ottenere una temperatura uniforme e per evitare che il battuto si attacchi rapidamente sul fondo. La composizione del battuto è assai variabile, anche se il rapporto 2:1:1, rispettivamente come parti di cipolla, sedano e carota, è spesso utilizzato per ricette di carne. Come base per preparazioni di pesce, conchiglie o crostacei spesso si utilizza solo aglio e gambi di prezzemolo in olio, lasciando le foglie del prezzemolo tritate disponibili per l’uso a crudo, come spolverata a fine cottura.

Per mescolare l’insieme è preferibile usare un cucchiaio di legno. Se la ricetta prevede il pomodoro questo è aggiunto dopo qualche minuto di rosolatura del soffritto. Per evitare il calore eccessivo che potrebbe bruciare il soffritto si può aggiungere come accennato vino, o qualche cucchiaio di brodo vegetale o di acqua bollente. Gli zuccheri del vino producono un caramellato, che completa il sapore dell’insieme. Attenzione: mai utilizzare vino dopo l’aggiunta del pomodoro.

Nella realizzazione dei ragù, in tante diverse ricette regionali italiane, è indispensabile prolungare poi la cottura dopo l’aggiunta della carne e del vino spesso, per tante ore a fuoco molto basso, fino ad una amalgama dei sapori complessa, che non faccia più distinguere i singoli componenti. Nel cosiddetto sugo “finto” o “scappato” toscano, assai apprezzato da chi scrive come condimento per la pasta, si utilizza un battuto completo molto abbondante di cipolla, aglio, sedano, prezzemolo e un pizzico di carota in olio e si aggiunge poi il pomodoro a pezzi, il peperoncino e varie erbe aromatiche, come il rosmarino o la salvia, senza l’utilizzo di carne né altri prodotti animali.

L’olio cotto in modo gentile non è tossico e l’interazione con la bile prodotta dall’intestino attiva, con l’intervento del microbiota, (l’insieme della popolazione batterica che alberga nel sistema digerente) meccanismi di complessa digestione dei grassi che in ultima analisi facilitano il dimagrimento. Infatti il legame tenace fra l’olio caldo e le verdure stimola la secrezione di bile. L’azione metabolica degli acidi biliari è mediata dalla trasformazione del grasso bianco, quello dei depositi nel corpo, in grasso bruno, più attivo, che brucia i grassi per il mantenimento del calore corporeo (termogenesi). L’olio cotto diventa così niente meno che un alleato della dieta.

Allora via libera al soffritto e al sugo ben fatto e guai a non fare la “scarpetta” con il pane per ripulire il piatto o il tegame con un ultimo squisito boccone!

Sii educato, servi sempre tutti i commensali per primi,

è gentile e alla fine in padella rimane più sugo per te!

(proverbio improbabile, inventato da chi scrive)

Riferimenti bibliografici:

  • Vallverdú-Queralt A et al. Bioactive compounds present in the Mediterranean sofrito. Food Chemistry 141 (2013) 3365–3372
  • Beltrán Sanahuja A egt al. Influence of Cooking and Ingredients on the Antioxidant Activity, Phenolic Content and Volatile Profile of Different Variants of the Mediterranean Typical Tomato Antioxidants 2019, 8, 551; doi:10.3390/antiox8110551 Storniolo CE et al.
  • Bioactive Compounds of Cooked Tomato Sauce Modulate Oxidative Stress and Arachidonic Acid Cascade Induced by Oxidized LDL in Macrophage Cultures. Nutrients 2019, 11, 1880; doi:10.3390/nu11081880
  • Vilahur G et al. Intake of cooked tomato sauce preserves coronary endothelial function and improves apolipoprotein A-I and apolipoprotein J protein profile in high-density lipoproteins. Translational Research 2015;8:1–13
  • Velazquez-Villegas LA et al. TGR5 signalling promotes mitochondrial fission and beige remodelling of white adipose tissue. NATURE COMMUNICATIONS (2018 )9:245.
  • Rinaldi de Alvarenga JF et al. Using Extra Virgin Olive Oil to Cook Vegetables Enhances Polyphenol and Carotenoid Extractability: A Study Applying the sofrito Molecules 2019, 24, 1555; doi:10.3390/molecules24081555
  • Barchitta M et al. The Effects of Diet and Dietary Interventions on the Quality of Life among Breast Cancer Survivors:
    A Cross-Sectional Analysis and a Systematic Review of Experimental Studies. Cancers 2020, 12, 322; doi:10.3390/cancers12020322
  • Rinaldi de Alvarenga JF et al. Cuisinomics: MS-based untargeted approach reveals chemical modulation by a recipe during home cooking. Food Research International 138 (2020) 109787
  • Storniolo CE et al. Bioactive Compounds of Mediterranean Cooked Tomato Sauce (Sofrito) Modulate Intestinal Epithelial Cancer Cell Growth Through Oxidative Stress/Arachidonic Acid Cascade Regulation. ACS Omega 2020, 5, 17071−17077
  • Rinaldi de Alvarenga JF et al. Home cooking and ingredient synergism improve lycopene isomer production in Sofrito. Food Research International 99 (2017) 851–861
  • Urquiza-Salvat N et al. Adherence to Mediterranean diet and risk of prostate cancer. THE AGING MALE, 2018 https://doi.org/10.1080/13685538.2018.1450854
  • Desai G et al. Onion and Garlic Intake and Breast Cancer, a Case- Control Study in Puerto Rico. NUTRITION AND CANCER https://doi.org/10.1080/01635581.2019.1651349

Armando Sarti, Medico

già direttore, Dipartimento d’Emergenza e Terapia Intensiva Azienda Sanitaria di Firenze

Zucchero? No, Grazie

Zucchero? No, Grazie

Zucchero? No, Grazie

di Armando Sarti

Si legge e si sente ormai dappertutto. Lo zucchero fa male. Per stare in salute non c’è spazio per lo zucchero, né, tantomeno, per i dolci e dolciumi carichi di sciroppo di glucosio e fruttosio, sottoprodotto tossico della lavorazione del mais.

Insieme al sale, alla farina bianca ultra raffinata “00” e alla cocaina (le 4 polveri bianche), lo zucchero rappresenta per tutti una vera e propria minaccia alla salute, fino dalla giovane età.

Quanto zucchero possiamo consumare? Secondo Franco Berrino, ben noto studioso di alimentazione, una confezione da un chilo è la quantità accettabile. Ma per tutta la durata della vita! Forse è un’affermazione troppo drastica, ma è innegabile che lo zucchero si debba limitare nell’alimentazione quotidiana quanto più è possibile. È un veleno vero e proprio per diabetici e obesi. Tutti i Pediatri aggiornati concordano sul fatto che lo zucchero debba essere evitato del tutto nei primi due anni di vita del bambino e concesso successivamente con molta moderazione. Lo zucchero è dannoso anche per i denti.

L’uso abituale di caramelle, dolciumi e bibite zuccherate si associa infatti alla carie, anche nei primi anni di vita.

L’assunzione costante di zuccheri provoca la sindrome metabolica, è associata alla malattia aterosclerotica delle arterie (infarti e ictus e tutte le malattie cardiovascolari) al decadimento cognitivo come l’Alzheimer e anche a disturbi dell’umore e stati depressivi e ansiosi. Induce assuefazione e dipendenza. Le varie bevande “energetiche”, utilizzate da frotte di sportivi della domenica, a base di zuccheri o carboidrati a rapido assorbimento, non risultano affatto favorevoli perché tramite la brusca risposta insulinica limitano il desiderato utilizzo dei grassi corporei per sostenere lo sforzo fisico. Le cose cambiano per la dieta dello sportivo professionista che segue comunque un’alimentazione precisa, specifica per ogni sport e per ogni fase, dall’allenamento alla gara.

Se si legge l’etichetta  dei prodotti che acquistiamo regolarmente al supermercato, (vedi gli articoli nel blog:
https://fondazione-est-ovest.it/leggi-etichetta-prodotti-alimentari-parte-1/,
https://fondazione-est-ovest.it/leggi-etichetta-prodotti-alimentari-parte-2/
https://fondazione-est-ovest.it/leggi-etichetta-prodotti-alimentari-parte-3/),
si può constatare facilmente che lo zucchero, in tutte le sue forme (sciroppi vari, maltodestrine, amido modificato, fruttosio, lattosio….) è presente in quantità variabile non solo nelle merendine e nei dolci, ma anche in tutte le bibite, nei biscotti e fette biscottate, nei latti vegetali, in tanti liquori, nei pasti pronti e in quasi tutti i prodotti industriali salati e da forno.

Il lattosio, lo zucchero del latte, formato dalle due molecole di glucosio e galattosio, è poco tollerato da un numero crescente di persone, dato che dopo i primi anni di vita molti individui perdono in buona parte l’enzima intestinale necessario per la digestione. D’altra parte l’uomo è l’unico animale che consuma regolarmente il latte, dopo lo svezzamento nel corso dei primi anni di vita. Fortunatamente il latte fermentato (kefir e yogurt) e vari formaggi fermentati sono privi, o quasi privi di lattosio.

Lo zucchero puro, aggiunto a bevande e alimenti, apporta solo calorie vuote, cioè prive di elementi nutrizionali favorevoli e protettivi per la salute.

L’indice glicemico, cioè la rapidità con cui i carboidrati, fra cui lo zucchero, sono digeriti e assorbiti nel sangue, è altissimo e fa da riferimento, come il valore più alto in assoluto, per categorizzare tutti gli altri alimenti.
La frutta, è vero, contiene zuccheri in quantità variabile, ma nella matrice alimentare del prodotto integro, ad esempio in una mela, sono associati a fibre, acqua, minerali e varie sostanze protettive che ne limitano grandemente gli effetti indesiderati nell’organismo umano.

Lo zucchero, insieme al sale e ai grassi industriali, è una componente insostituibile del cibo spazzatura (junk food), che deve il successo proprio all’esplosione sapida in bocca (flavour burst) di questi tre ingredienti.

Per quanto riguarda i grassi ne abbiamo parlato spesso in questo blog, raccomandando in primis l’uso quotidiano dell’olio extravergine d’olive e in minor quantità di altri oli vegetali ricchi di polinsaturi (mais, girasole, soia), purché biologici, a crudo e spremuti a freddo. Necessaria inoltre la riduzione consistente dei grassi animali, come il burro e lo strutto e la rinuncia ai grassi idrogenati, mono e digliceridi e margarine vegetali a basso costo, ricche di acidi grassi idrogenati e trans molto tossici, utilizzati ampiamente dalla grande industria agro-alimentare. I prodotti proposti a prezzo troppo basso dovrebbero sempre attivare un campanello d’allarme. L’apparente risparmio sarà poi pagato con molti interessi in termini di salute e inquinamento. Il cibo sano e genuino non può costare troppo poco.

Preoccupa molto sapere che attualmente 31 milioni di Italiani adulti consumino regolarmente merendine (Corriere della Sera, 19.02.2021).

Riguardo agli effetti indesiderati dell’eccesso di sale è possibile leggere un articolo in questo stesso blog: https://fondazione-est-ovest.it/sale-della-vita-sale-nella-zucca/.
Questa triade alla base del cibo spazzatura, zucchero, sale e grasso industriale (merendine, biscotti, dolciumi, prodotti da forno e tanti alimenti salati già pronti e impacchettati) è responsabile anche di una vera e propria assuefazione, come dimostrato con la risonanza magnetica funzionale, dall’attivazione di specifiche aree cerebrali della “ricompensa”, le stesse attivate dalla cocaina e dal gioco d’azzardo. Questa reale dipendenza rende molto difficile per i consumatori abituali intraprendere uno stile alimentare più favorevole per la salute.

Personalmente, per scoraggiare il consumo di cibo spazzatura, consiglio sempre di imporsi di masticare a lungo, almeno 30 secondi, un classico panino con hamburger molto reclamizzato, purtroppo facilmente reperibile. Dopo l’iniziale esplosione di sapore, la “botta” di gusto o meglio pseudo-gusto, via via che il boccone rimane in bocca, emerge una sensazione sempre più sgradevole, un saporaccio intollerabile che rivela la natura dei pessimi ingredienti e dei vari additivi chimici utilizzati per l’allevamento, la preparazione e conservazione.
Un’altra tecnica per abituare il gusto al meno dolce consiste, secondo la disciplina macrobiotica, nel consumare spesso zuppe di verdure e ortaggi dal sapore dolciastro se bollite, come la zucca gialla, la zucchina, le rape e la carota.

La masticazione prolungata è importante perché qualsiasi alimento ricco di carboidrati amidacei, come il pane, la pasta, il riso e la patata, produce un sapore dolce e gratificante rimanendo più a lungo nella bocca, sotto effetto di enzimi specifici (amilasi salivari). Oltretutto masticare a lungo ogni boccone facilita la digestione (la digestione inizia in bocca!) e favorisce il senso di sazietà, attivando gli ormoni che riducono la fame.

L’astinenza e la disintossicazione dal cibo spazzatura (junk food) comportano, come per le altre droghe, un periodo di settimane di disturbi più o meno accentuati, caratterizzati da desiderio intenso del cibo spazzatura anche al di fuori dei pasti, mal di testa, fame nervosa e irritabilità facilmente placabili con una ricaduta, come una merendina, qualche biscotto, una cucchiaiata di marmellata o di spalmabile al cacao trangugiata davanti al frigorifero, oppure una pietanza industriale salata già pronta, da riscaldare al microonde.

Segue invariabilmente il senso di colpa e la caduta di autostima e per dimenticare si finisce per tornare allo scaffale o al frigorifero sempre più depressi, rimandando l’impresa al lunedì che segue.

Per chi ce la fa, però, nonostante qualche inevitabile ricaduta, segue una progressiva riscoperta della fame sana indotta dalle reali esigenze metaboliche dell’organismo, il “buco allo stomaco” che avevamo da piccoli, la fame “cellulare” molto diversa dalla fame nervosa da conforto o compensazione, indotta dall’ ansia o dalla depressione, mantenuta dal cibo e bevande spazzatura e dal bombardamento continuo dei modelli di felicità della pubblicità.

Si riscopre anche il gusto autentico degli alimenti, il legame con la terra, il valore del cucinare e la piacevole sensazione interna di leggerezza, facile digestione, benessere fisico e mentale, sonno ristoratore ed efficienza. Non è mai troppo tardi per provarci! Provare per credere.

Un altro problema del consumo di zucchero, cioè di saccarosio (molecola formata da glucosio e fruttosio), consiste nel rapido assorbimento, che comporta un brusco innalzamento del livello di glucosio nel sangue (glicemia) e una altrettanto brusca risposta di secrezione di insulina da parte del pancreas. Un livello elevato e fluttuante con dei picchi della glicemia è all’origine della resistenza all’insulina e dell’innesco di una tossicità e infiammazione sistemica che sono alla base o concausa di tante gravi malattie, come le infezioni, il diabete, l’obesità, l’infarto, l’ictus e i tumori. Inoltre l’intensa secrezione d’insulina fa abbassare rapidamente lo zucchero nel sangue, con il risultato, nel giro di poco tempo, di un’immediata sensazione di fame nervosa che crea un circolo vizioso, caratterizzato da un continuo spilluzzicare nel corso della giornata, fra i pasti e anche di notte.
Chi è interessato a questi aspetti può trovare un approfondimento in questo blog: https://fondazione-est-ovest.it/calorie-glicemia/.

Rimane il fatto che molte persone riferiscono di non riuscire a fare a meno dei dolci, quanto meno occasionalmente o a colazione, e del cibo industriale già preparato e impacchettato. Per quanto riguarda il cibo industriale non c’è scampo. Bisogna cancellarlo rapidamente dalle nostre abitudini e spezzare le catene del consumismo se si vuole rimanere in salute e allo stesso tempo salvare il pianeta in cui viviamo da un’aggressione chimica e tossica che sta devastando l’ambiente nel suolo, nelle acque e nell’aria, cioè di tutta la biosfera. Siamo vittime poco consapevoli di un vero e proprio plagio colossale, imposto dalle sofisticate strategie di marketing delle industrie multinazionali senza scrupoli del cibo e delle sementi, che vantano fatturati e guadagni impressionanti. Sono le stesse industrie imparentate con quelle dei farmaci e dei pesticidi, organizzate in lobbies potentissime. Hanno spesso gli stessi azionisti di riferimento.

Non è mai troppo tardi per riflettere ed acquisire la cultura alimentare e la consapevolezza degli effetti che hanno le nostre scelte. Acquistare bene è un atto politico e rivoluzionario. Dal cibo spazzatura al cibo naturale, per lo più vegetale, il più possibile locale e stagionale, biologico o meglio ancora biodinamico. Biologico vuol dire prodotto in modo naturale, senza chimica e sofisticazioni di ogni tipo, né inganni e sotterfugi. Che sia certificato o meno. In effetti è paradossale che chi produce in modo giusto, sano e rispettoso debba ottenere una costosa certificazione, non sostenibile per tanti piccoli e onesti produttori, mentre chi non ha scrupoli non ha nessun obbligo di trasparenza.
Le aziende agricole devono essere considerate come veri e propri centri culturali, capaci non solo di vendere buon cibo, ma anche di aggregare e diffondere sapori, saperi e valori.
Per approfondire si può leggere in questo blog: “Il Manifesto dell’alimentazione per il Terzo Millennio. Le 8 “V”:
https://fondazione-est-ovest.it/manifesto-alimentazione-terzo-millennio/.

Non c’è più molto tempo a disposizione. Bisogna subito boicottare il cibo industriale delle grandi multinazionali e l’economia dei veleni. Il “potere della bocca” è immenso, se esercitato da tante persone nel mondo ed è sotto lo stretto controllo di ognuno di noi. Possiamo acquistare in modo consapevole, evitare ogni spreco e cambiare così, in modo drastico e in breve tempo, la produzione, trasporto e distribuzione del cibo, favorendo i piccoli produttori locali e limitando i lunghi e inquinanti viaggi delle derrate alimentari di cibo industriale nel mondo. Una rivoluzione dolce, ma davvero efficace.

Ma torniamo allo zucchero. Per chi non rinuncia al gusto dolce è possibile qualche strategia per limitare gli effetti indesiderati? La risposta è positiva. Diciamo subito che lo zucchero grezzo, integrale di canna ha una percentuale solo leggermente inferiore di saccarosio rispetto a quello raffinato, anche se contiene un po’ di fibre e minerali. Lo stesso discorso vale per il miele, che contiene sostanze utili, come enzimi, minerali e vitamine, ma ha un contenuto di glucosio e fruttosio di poco inferiore rispetto allo zucchero comune.
Per ritardare l’assorbimento dei dolci è opportuno utilizzare farine integrali, o semi-integrali (tipo “1” o “2”) ricche di fibre, al posto della raffinatissima “00”, assai sconsigliata da tutti i nutrizionisti, perché privata da fibre, vitamine e del germe del chicco del cereale.

Anche i grassi sani (olio extravergine d’oliva e in quantità minore oli vegetali biologici spremuti a freddo, come quelli di girasole, mais, lino, soia, e sesamo, utilizzati per l’impasto, ritardano l’assorbimento degli zuccheri e favoriscono la morbidezza dell’impasto e l’apporto nutritivo (acidi grassi polinsaturi e vitamine). Il burro biologico, ricco di vitamine A e D, non è da demonizzare e risulta indispensabile in alcune preparazioni, anche se l’uso non deve essere eccessivo, per la prevalenza di acidi grassi saturi e colesterolo. Da demonizzare invece, è bene ribadirlo, sono gli oli vegetali di cattiva qualità e basso prezzo esposti ampiamente nei supermercati. Sono estratti dai semi oleosi con solventi chimici e calore e apportano varie sostanze nocive, compresi i deleteri acidi grassi” trans”, responsabili di placche ostruttive nelle arterie e infiammazione diffusa in tutta la circolazione (endotelite) e quindi in tutto il corpo.

L’uso della frutta fresca, o secca al posto dello zucchero è un’alternativa senz’altro valida e praticabile. Come già accennato il fruttosio e il glucosio dei frutti è “impacchettato” in un insieme di sostanze protettive, come vitamine, minerali e antiossidanti che ne ritardano l’assorbimento e limitano gli effetti indesiderati. È possibile, per esempio, realizzare un’ottima torta di mele, o uno strudel, utilizzando, oltre alle mele e ai pinoli, solo l’uvetta per garantire il gusto dolce.
Vari tipi di frutta sono utilizzabili a questo scopo, come l’uva, le pere, gli agrumi, i datteri, i frutti di bosco, i cachi, i fichi, le banane e tutta la varietà dei frutti estivi, per la preparazione di crostate e focacce.

Si trovano in commercio vari libri che illustrano tante ricette di dolci, perfettamente gradevoli al palato, realizzabili senza l’utilizzo dello zucchero.
Il malto contiene poco glucosio e fruttosio in quanto è preparato per fermentazione di cereali, come l’orzo, il riso o il mais e rappresenta quindi un’eccellente alternativa allo zucchero nella preparazione di dolci e prodotti da forno. Ha un gusto dolciastro, leggermente amarognolo.
Il mosto d’uva è ricco di zuccheri, ma contenendo tanti altri composti bioattivi del frutto non ha gli stessi effetti indesiderati del saccarosio. È molto utilizzato per la preparazione di dolci tradizionali, particolarmente nel Sud dell’Italia.

Anche gli ortaggi possono fornire una quota di dolcezza nella preparazione dei dolci. Carote, barbe rosse, pastinache, zucca gialla, rape, batate e patate risultano infatti abbastanza dolci se bollite.

Anche gli ortaggi possono fornire una quota di dolcezza nella preparazione dei dolci. Carote, barbe rosse, pastinache, zucca gialla, rape, batate e patate risultano infatti abbastanza dolci se bollite.

I dolcificanti artificiali, presenti massicciamente nei dolciumi, caramelle e gomme da masticare (rigorosamente sugar-free), non sono in generale consigliabili. Dalla storica saccarina sono stati poi immessi nella preparazione industriale di alimenti sempre nuovi composti. Comportano chiari effetti indesiderati, tuttora oggetto di studi, soprattutto sul sistema nervoso, sul microbiota intestinale e sulla regolazione dell’appetito. Sono utilizzati spesso per rendere palatabili gli alimenti per i diabetici. Fra quelli più utilizzati attualmente, verosimilmente meno problematici, figurano la stevia e l’eritritolo.
La stevia è estratta dalle foglie di una pianta originaria del Brasile e possiede un potere dolcificante molto più alto di quello dello zucchero, circa 100 volte di più. Vari studi non dimostrerebbero particolare tossicità, anche se in base a dati recenti è bene comunque non abusarne.
L’eritritolo è un polialcol che si forma naturalmente nei processi di fermentazione. Ha un potere dolcificante pari al 60% circa rispetto a quello dello zucchero. Non altera la glicemia, né causa carie. È assorbito rapidamente dall’intestino ed entro 24 ore espulso dall’organismo con l’urina. La maggior parte degli studi sulla sostanza, con qualche eccezione, non rivela particolare tossicità. Può però causare effetti gastro-intestinali indesiderati come nausea, diarrea e gonfiore addominale se si eccede con il dosaggio. Si consiglia comunque di limitarne il consumo, soprattutto nell’età pediatrica.

Fra i sostituti dello zucchero si ricorda anche lo sciroppo d’acero, dal gusto molto gradevole, che non è altro che la linfa concentrata di un tipo di acero canadese. L’indice glicemico risulta infatti più basso.
Negli ultimi tempi per la preparazione di dolci più sani, come sostituto dello zucchero comune, è proposto spesso anche lo zucchero di cocco, che vanta un indice glicemico più basso, del 50% circa.

Per approfondire:

  • Freeman CR et al. Impact of sugar on the body, brain, and behavior. Frontiers In Bioscience, Landmark, 23, 2255-2266, June 1, 2018
  • DiNicolantonio JJ et al. Sugar addiction: a narrative review. British Journal of Sports Medicine 2017.
  • Choo VL et al. Food sources of fructose-containing sugars and glycaemic control: systematic review and meta-analysis of controlled intervention studies. BMJ 2018;363:k4644
  • Hwei-Ee Tan et al. The gut–brain axis mediates sugar preference. Feb 2020, https://doi.org/10.1038/s41586-020-2199-7
  • Peeters K et al. Fructose-1,6-bisphosphate couples glycolytic flux to activation of Ras. Nature Communications 2017. 10.1038/s41467-017-01019-z

Armando Sarti, Medico

già direttore, Dipartimento d’Emergenza e Terapia Intensiva Azienda Sanitaria di Firenze

Mangiamo più legumi!

Mangiamo più legumi!

di Armando Sarti

S’intende per legume il seme o frutto di piante della famiglia delle Fabacaceae o Leguminose. I legumi sono coltivati in tutto il mondo per foraggio nell’allevamento di animali, per arricchire di azoto i terreni agricoli a vantaggio delle altre coltivazioni e per l’alimentazione umana. La capacità di fissazione dell’azoto atmosferico nel terreno ha un ruolo essenziale per la rotazione delle colture e costituisce una concimazione del tutto naturale per ricostituire la fertilità dei terreni troppo sfruttati.

La famiglia comprende l’alfalfa, il trifoglio, la soia, i fagioli, i piselli, i ceci, le lenticchie, le fave, i lupini, le cicerchie, le arachidi, le carrube e il tamarindo. I semi delle leguminose si conservano a lungo una volta essiccati e necessitano di cotture prolungate per essere consumati nell’alimentazione umana. Alcune varietà, come i piselli e le fave, sono consumate anche fresche, altre, come i lupini risultano particolarmente amare e necessitano di una lunga preparazione di varie immersioni in acqua fredda e calda per essere consumate.

Insieme ai cereali i legumi sono fra le prime coltivazioni messe in atto dagli esseri umani migliaia di anni fa. Tracce di piselli secchi sono state rilevate dagli archeologi fino dall’età della pietra nel Medioriente e in varie parti dell’Europa. La soia è stata coltivata nell’estremo Oriente, partendo da specie selvatiche, almeno 5000 anni fa.

In linea generale i legumi hanno un valore nutrizionale straordinario essendo ricchi di proteine, carboidrati, fibre, minerali, vitamine e varie sostanze protettive per la salute.

Le proteine, in quantità dal 20% fino quasi al 40% del prodotto secco, sono costituite dai principali aminoacidi non essenziali ed essenziali (gli essenziali sono quelli che l’organismo umano non è in grado di sintetizzare e devono essere assunti necessariamente con la dieta). Solo la metionina e la cisteina sono meno rappresentati, ma l’associazione con le proteine dei cereali, ricche di questi due aminoacidi, ma povere di lisina ben rappresentata nei legumi, produce un’eccellente combinazione di proteine ad alto valore biologico, paragonabile a quella della carne.

Non a caso l’associazione di legumi e cereali, è alla base dell’alimentazione tradizionale di tante popolazioni del mondo. Basta pensare alla pasta e fagioli, pasta e ceci o fave con pane abbrustolito, che hanno fatto crescere i nostri nonni, ai piselli freschi con il riso (risi e bisi) alle lenticchie rosse con il riso, consumati costantemente in India, al riso con la soia in Cina e al mais con i fagioli o le arachidi nel centro e Sudamerica.

I legumi più ricchi di proteine sono i lupini, la soia e le cicerchie.

I carboidrati, per lo più di tipo amidaceo e senza glutine, dei legumi, intorno al 50-60% del peso secco, necessitano di una lunga digestione e assorbimento. Questo aspetto si traduce in un indice glicemico (la rapidità con cui un alimento aumenta lo zucchero nel sangue, glicemia) contenuto, più basso di quello dei cereali. Il lento assorbimento permette una stabilizzazione della glicemia, che risulta molto favorevole per l’equilibrio metabolico e per la riduzione del senso della fame. I legumi sono quindi molto indicati per i celiaci e gli intolleranti al glutine, per i diabetici e tutte le persone obese o in sovrappeso. Nei legumi è contenuto inoltre amido resistente, cioè non digeribile per l’organismo umano, ma ottimo alimento per i batteri favorevoli per la salute del microbiota intestinale e per il nutrimento specifico delle cellule del colon tramite la sintesi nel lume intestinale degli acidi grassi a catena corta.

I grassi sono contenuti in quantità nettamente inferiore, con l’eccezione della soia e delle arachidi. Sono comunque di buona qualità e del tutto privi di colesterolo. Fra i legumi più consumati in Occidente i ceci hanno un maggior contenuto di grassi.

I legumi contengono minerali in quantità consistente, fra cui potassio, magnesio e ferro, e tante vitamine, soprattutto quelle del gruppo B.

Le fibre solubili e insolubili, presenti in quantità dal 7% al 30% del peso secco, svolgono funzionali essenziali per l’organismo umano. Favoriscono il senso di sazietà, promuovono il transito intestinale, svolgono quindi un’azione anti-stitichezza, rallentano l’assorbimento dei carboidrati e dei grassi e nutrono i batteri intestinali che svolgono una funzione essenziale per la corretta risposta immunitaria e il mantenimento di un basso livello dello stato infiammatorio dell’organismo. Lo stato infiammatorio è responsabile o co-responsabile di tante malattie tipiche del ventunesimo secolo, come i tumori, le malattie cardiovascolari come l’infarto e l’ictus e tutte le malattie degenerative del sistema nervoso e osteo-articolare che peggiorano in modo determinante la qualità della vita nelle fasi avanzate della vita, come la demenza e le sindromi dolorose artritiche. La maggior quantità di fibre spetta alle lenticchie, che contengono anche una quantità non trascurabile di amido resistente.

Sono inoltre presenti nei legumi tante sostanze di tipo fenolico protettive per l’organismo ad attività antiossidante e antinfiammatoria.

La letteratura scientifica riporta da tempo gli effetti favorevoli del consumo regolare di legumi per la salute umana. L’efficacia contro la sindrome metabolica (ipertensione, aumento del girovita e alterazione dei grassi nel sangue) è ben dimostrata. Risulta chiaramente ridotto anche il rischio cardiovascolare e la probabilità di sviluppare tumori. L’incidenza di diabete di tipo 2, quello dell’età adulta e avanzata legato per lo più ad un’alimentazione eccessiva e squilibrata, risulta inversamente proporzionale alla quantità di legumi nella dieta. Anche l’obesità prevale nelle popolazioni che utilizzano i legumi solo saltuariamente.

Da tempo si riconosce a un esteso utilizzo di legumi nella produzione alimentare mondiale un elemento favorevole per la limitazione della produzione dei gas serra e per la sostenibilità dell’ambiente. La già ricordata proprietà di queste piante di fissazione dei composti azotati che arricchisce e fertilizza il terreno ha consistenti ricadute positive per la coltivazione dei cereali e dei prodotti orto-frutticoli. I legumi, nelle tante specie e varietà, si adattano a tanti diversi tipi di terreno e a tante diverse condizioni climatiche e di idratazione del suolo. Si conservano a lungo e molto bene se mantenuti in ambienti secchi e a temperature non troppo elevate.

Fra gli effetti indesiderati sono da menzionare alcune proprietà anti-nutrizionali riguardo all’assorbimento di minerali e digestione delle proteine. Questi effetti sono comunque largamente ridotti con la giusta preparazione e cottura dei legumi. È consigliabile tenere a bagno in acqua fredda la maggior parte dei legumi, da qualche ora fino a 24-48 ore, per idratarli completamente prima della cottura. Questo riduce i tempi di cottura e soprattutto riduce la presenza dei fitati che esercitano parte degli effetti indesiderati appena ricordati. È opportuno aggiungere il sale nell’acqua solo da metà cottura in poi per ottenere legumi ben cotti e gustosi.

Non c’è dubbio che i legumi, in modo variabile per le diverse specie e varietà, favoriscono fenomeni di fermentazione a livello intestinale con la produzione di gas e meteorismo. Anche questo effetto può essere ridotto con l’ammollo e con l’aggiunta di erbe aromatiche, come l’alloro, o alghe durante la cottura. L’alga kombu inoltre arricchisce i legumi di minerali preziosi, come lo iodio. Inoltre il consumo regolare di questi alimenti riduce gli effetti intestinali indesiderati.

In termini gastronomici i legumi si prestano a tante diverse preparazioni che arricchiscono in modo consistente tanti piatti della tradizione culinaria di tutto il mondo. Il gusto risulta pieno, saziante e gratificante. I legumi si prestano molto bene all’associazione con il pane e i vari cereali nelle zuppe e stanno bene con tante diverse verdure e ortaggi, come l’aglio, la cipolla e la cicoria, in una varietà infinita di ricette e sapori. Il peperoncino, il pepe e varie erbe aromatiche, come il rosmarino, l’alloro e la salvia, sono utilizzate spesso per completare il sapore, insieme all’olio extravergine d’oliva.

Ci sono tante diverse preparazioni alimentari a base di legumi. Pasta a base di lenticchie o ceci, salse come l’hummus mediorientale e magrebino, hamburger e polpette come i falafel e anche dolci, come quello indiano a base di ceci (mysore pak).

La soia riveste un capitolo a sé in quanto è lavorata in tante preparazioni diverse, comprese quelle fermentate ricche di preziosi probiotici (tamari, shoyu, miso, tempeh, tofu), che risultano essenziali e indispensabili per tante pietanze della tradizione orientale, ormai diffuse anche nel mondo occidentale. La soia fermentata sembra inoltre ridurre la mortalità generale secondo uno studio recente (vedi spunti di approfondimento).

La sostituzione di parte del consumo di cereali con i vari tipi di legumi e l’associazione dei cereali con i legumi rappresentano la strategia fondamentale per sfamare il mondo in modo sostenibile riducendo nella nutrizione l’utilizzo eccessivo dei prodotti animali, a tutto vantaggio della salute degli esseri umani e del pianeta nel suo insieme.

Il 2016 è stato proclamato dalla FAO l’anno dei legumi e il 10 Febbraio di ogni anno è stato individuato come la giornata mondiale dei legumi.

  • Singh N. Pulses: An overview. J Food Sci Technol (March 2017) 54(4):853–857.
  • Katagiri R et al. Association of soy and fermented soy product intake with total and cause specific mortality: prospective cohort study. BMJ 2020;368:m34 | doi: 10.1136/bmj.m34
  • Kristensen MD et al. Meals based on vegetable protein sources (beans and peas) are more satiating than meals based on animal protein sources (veal and pork): a randomized cross-over meal test study. Food & Nutrition Research 2016, 60: 32634 – http://dx.doi.org/10.3402/fnr.v60.32634
  • Moravek D et al. Carbohydrate Replacement of Rice or Potato with Lentils Reduces the Postprandial Glycemic Response in Healthy Adults in an Acute, Randomized, Crossover Trial. J Nutr 2018;148:535–541.
  • Becerra-Tomas N et al. Legume consumtion is inversely associated with type 2 diabetes incidence in adults. A prospective assessment from the PREDIMERD study. Clinical Nutrition 2017
  • Marventano S et al. Legume consumption and CVD risk: a systematic review and metanalysis. Public Health Nutrition: 20(2), 245–254 doi:10.1017/S1368980016002299

Armando Sarti, Medico

già direttore, Dipartimento d’Emergenza e Terapia Intensiva Azienda Sanitaria di Firenze

Un pò di peperoncino?

Un po’ di peperoncino?

di Armando Sarti

Quante volte a tavola l’abbiamo detto o sentito. Peperoncino è un termine comune per indicare la bacca di tutta una serie di piante del genere Capiscum, della famiglia delle Solanacee, che comprende anche le varie specie di peperoni, oltre ad altri ortaggi provenienti dalle Americhe, come i pomodori e le patate. Il termine Capiscum deriva forse dal latino capsa, che significa “scatola”, per altri invece si riferisce alla parola greca kaptein, che significa “mordere”.

In condizioni climatiche favorevoli, come nel Centro-America, queste piante sono perenni, ma in Europa hanno uno sviluppo per lo più annuale. In Italia i frutti maturano nel corso dell’estate e in autunno. Le piante non sono esigenti, non necessitano di tanta terra e possono essere facilmente coltivate con successo in modo biologico, cioè senza concimi chimici, anche nei terrazzi, purché ben esposte alla luce e anche al sole diretto per qualche ora al giorno.

Ci sono cinque specie di Capiscum con aspetto, colore e piccantezza variabili: Annuum, Baccatum, Frutescens, Chinense, Pubescens. Vari alcaloidi, principalmente la capsaicina, sono responsabili dell’effetto irritante e del sapore piccante, apprezzato in scala variabile da tante persone nel mondo. Un gran numero di ricette italiane e internazionali comprende, in quantità varia, tanti tipi di peperoncino più o meno piccanti.

Qualcuno consiglia di scartare i semi per limitare l’effetto piccante, ma i semi contengono oli essenziali benefici e in realtà la maggiore concentrazione di capsaicina, la sostanza più piccante, si trova nella cuticola bianca che trattiene la massa dei semi. Il grado di piccantezza si misura con la scala di Scoville, che va da zero per il peperone dolce fino a 15.000.000 per la capsaicina pura.

I peperoncini più frequentemente coltivati in Italia si collocano tra le 15.000 e le 30.000 unità della scala, ma ci sono alcune specie molto piccanti che arrivano a 300.000 unità, estremamente irritanti, che devono essere maneggiate e trattate con molta accortezza.

Lo spray al peperoncino, utilizzato come difesa personale, è intorno ai 5.000.000 di unità.

Il peperoncino è originario del Centro-Sud-America e si è esteso grazie agli uccelli, che immuni dalla percezione della piccantezza al contrario dei mammiferi, lo hanno diffuso nel resto del continente americano cibandosi dei frutti. Anche il peperone dolce deriva dalla specie selvatica, dopo aver perso per mutazione genetica spontanea la capacità di sintesi della capsaicina.

Per le popolazioni native precolombiane la coltivazione e l’utilizzo era molto rappresentato. Per gli Aztechi, i Maya e gli Inca il peperoncino era perfino ritenuto sacro e utilizzato anche come moneta di scambio.

La pianta è stata poi portata oltreoceano in Europa dalle spedizioni di Cristoforo Colombo e successivamente si è diffusa in Asia e nel resto del mondo come un sostituto più economico del pepe. Ben presto, a parte l’utilizzo come antisettico per la conservazione degli alimenti, il peperoncino è stato apprezzato per il gusto piccante, soprattutto nell’Europa meridionale.  A Napoli nel XVII° secolo era ampiamente utilizzato per la pasta, in una ricetta che ricorda l’attuale “aglio, olio e peperoncino”.

Il peperoncino fresco contiene pochissime calorie, circa 25 kcal per 100 grammi, del tutto trascurabili se si considera le quantità utilizzate, ma è ricco di una grande quantità di sostanze benefiche e antiossidanti. Fra queste vari minerali, come il potassio, il calcio, il ferro e lo zinco e quantità importanti di vitamine, soprattutto del gruppo B, il Beta carotene, precursore della vitamina A e in particolare la vitamina C, molto più concentrata nel peperoncino rispetto agli agrumi. L’acido ascorbico, vitamina C, è stato scoperto proprio studiando le proprietà di queste bacche.

La vitamina C è essenziale per la sintesi del collagene, proteina essenziale per la tenuta e il sostegno dei tessuti come la pelle, i tendini, i muscoli e le ossa. È indispensabile inoltre per tante altre funzioni dell’organismo umano, comprese quelle immunitarie. Questa vitamina si perde però facilmente con l’esposizione al calore e alla luce. L’utilizzo del prodotto fresco aggiunto a crudo a fine cottura rappresenta in questo senso la pratica migliore.

La quantità e qualità dei polifenoli (capsantina, licopene, luteina, quercetina, altri flavonoidi) dei peperoncini dipende dal colore delle bacche ed è presente di più nei frutti di colore rosso vivo, marrone scuro, giallo e arancio intensi.

La ricerca dimostra che la capsaicina, il principale alcaloide piccante, attiva i recettori del calore nella bocca e nelle mucose, esercitando una potente azione analgesica. Varie preparazioni di capsaicina per uso topico locale sono in fatti utilizzate per alcune condizioni dolorose, come l’Herpes Zoster (fuoco di Sant’Antonio) e i dolori muscolari e articolari. La sostanza stimola la digestione degli alimenti e possiede un effetto dilatante sui vasi sanguigni, che riduce la pressione arteriosa e mantiene il flusso di sangue e l’ossigenazione dei tessuti.

Le vitamine presenti e gli altri composti protettivi svolgono una funzione antinfiammatoria generale per tutto l’organismo ed è noto che uno stato infiammatorio cronico, anche lieve, è associato allo sviluppo della gran parte delle malattie croniche e invalidanti dell’età matura e avanzata, particolarmente diffuse al giorno d’oggi.

Un’altra azione interessante del peperoncino riguarda un’attività specifica nell’utilizzo dei grassi corporei. Questo effetto brucia grassi naturale (termogenesi) si associa anche alla trasformazione del tessuto grasso bianco in quello bruno, con effetti favorevoli per il metabolismo e la capacità di reazione allo stress. Il grasso bruno, stimolatore del metabolismo di base, diversamente dal grasso bianco di accumulo, è poco rappresentato nell’adulto, ma è abbondante nel neonato e negli animali che vanno in letargo, nei quali svolge un ruolo essenziale nell’equilibrio metabolico.

Queste azioni della capsaicina sono di estremo interesse per la ricerca scientifica allo scopo di proporre trattamenti per contrastare l’obesità.

Fra gli altri fattori che generano la conversione del grasso bianco in quello bruno c’è peraltro l’esposizione al freddo, il digiuno intermittente e il dimagrimento.

Altre ricerche evidenziano un effetto neuro-protettivo per l’Alzheimer, per il Parkinson e per il mantenimento della memoria, come anche per le malattie dell’occhio legate all’avanzare dell’età, come la cataratta e la degenerazione maculare. Qualche evidenza positiva emerge anche per l’umore che risulterebbe migliorato, riducendo il rischio di depressione.

La saggezza popolare, sostenuta da alcune ricerche, considera il peperoncino un afrodisiaco. Una specie di Viagra naturale. Sarà anche effetto placebo, ma la cosa non sorprende se si considera l’effetto tonico cardiovascolare e in particolare l’azione di vasodilatazione delle piccole arterie, che può agire contro l’impotenza.

Come si vede gli effetti benefici sono davvero tanti, anche se bisogna sempre ricordare che la ricerca scientifica nel campo dell’alimentazione è molto complicata perché tanti sono i fattori dello stile di vita in grado di influire sui determinanti della salute, oltre all’alimentazione. Non c’è dubbio, però, che la mole di ricerche controllate, ripetute da ricercatori diversi a favore del consumo di peperoncino, risulti consistente e convincente.

Da tenere presente anche le controindicazioni all’utilizzo. Se si soffre di aumento dell’acidità dello stomaco e patologie correlate, come il reflusso gastro-esofageo, è necessario rinunciare o almeno ridurre la quantità di utilizzo. Non è consigliabile l’uso anche nelle gastriti e nell’ulcera dello stomaco. Nel corso di episodi di epatiti, enteriti e mal di pancia di qualsiasi tipo è meglio astenersi dal consumo, come anche in presenza di cistiti. Per chi soffre di emorroidi il peperoncino non deve essere utilizzato nelle fasi di infiammazione attiva. D’altro canto le popolazioni che usano di più i peperoncini soffrono di meno di questo disturbo, per gli effetti positivi sui vasi sanguigni.

Cautela è necessaria anche in gravidanza, per i bambini piccoli e particolarmente per le donne nella fase di allattamento, dato che il sapore del latte risulta modificato.

Chi segue i concetti della dieta macrobiotica sa che l’uso delle solanacee in generale non è particolarmente raccomandato. Il peperoncino ha infatti un’azione di tipo yin molto spiccata.

Fra gli effetti indesiderati c’è ovviamente l’irritazione della pelle, soprattutto per le parti più sensibili, come le palpebre e le mucose. Se si maneggiano peperoncini molto piccanti è preferibile usare guanti protettivi e non respirare da vicino l’esalazione delle polveri durante la macinazione. Dopo un contatto orale troppo intenso è capitato a tanti di avvertire in bocca un intenso bruciore, accompagnato da salivazione profusa, lacrimazione e sudorazione. Per attutire l’effetto di un boccone di cibo troppo piccante è consigliabile masticare una mollica di pane fresco con un cucchiaino d’olio d’oliva e bere qualcosa di grasso come il latte o lo yogurt.

Come sempre troppo non è mai bene per qualsiasi cosa.

Con la dovuta cautela comunque il peperoncino ha effetti benefici e risulta indispensabile per un gran numero di pietanze popolari. È economico, si coltiva e si conserva bene ed è utilizzato da tante diverse popolazioni del globo con stili alimentari diversi come prodotto fresco, secco o fermentato. Senza il peperoncino la gastronomia di tanta parte del mondo ne risentirebbe per tanti piatti della tradizione.

Per il pranzo di domani consiglio pasta integrale con aglio, olio e peperoncino, un bel piatto di verdure e mezzo bicchiere di vino rosso!

Qualche ricerca per approfondire:

  • Bonaccio M et al. Chili Pepper Consumption and Mortality in Italian Adults. JACC VOL. 74, NO. 25, 2019 DECEMBER 24, 2019:3139–49
  • Zumin S et al. Chilli intake is inversely associated with hypertension in adults. Clin Nutr ESPEN 2018 Feb; 23: 67-72
  • Varghese F et al. Chilli pepper as a weight-loss food. Int J Food Sci Nutr 2017; 68(4): 392-401
  • Guadalupe M et al. Chilli pepper carotenoids: nutraceutical properties and mechanism of action. Molecules 2020; 5573
  • Panchal SK et al. Capsaicin in Metabolic Syndrome. Nutrients 2018; 10, 630
  • Zheng J et al. Dietary capsaicin and its anti-obesity potency: from mechanism to clinical implications. Bioscience Reports 2017; 37
  • McCarthy M et al. Capsaicin may have important potential for promoting vascular and metabolic health. Open Heart 2015; 2 :e000262.
  • Okla M et al. Dietary factors promoting brown and beige fat development and thermogenesis. Adv Nutr 2017; 8: 473-8.

Armando Sarti, Medico

già direttore, Dipartimento d’Emergenza e Terapia Intensiva Azienda Sanitaria di Firenze

Il 2021 è l’anno della Frutta e della Verdura

Il 2021 è l’anno della Frutta e della Verdura

di Armando Sarti

L’Assemblea generale della FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations) riconsiderando precedenti risoluzioni, fra cui quella specifica (70.1) del 25.09.2015, ha stabilito in seduta plenaria, in data 19.12.2020 u.s., di dichiarare il 2021 “l’Anno Internazionale della Frutta e della Verdura”.

L’organizzazione dell’ONU intende così contribuire a mantenere viva l’attenzione dell’alimentazione vegetale degli esseri umani per la salute, la biodiversità e la sostenibilità del Pianeta. Con questa risoluzione la FAO chiama all’azione tutte le organizzazioni governative e private degli stati membri e del mondo e i tanti portatori di interessi, sottolineando i benefici per la salute di un’alimentazione vegetale associata ai corretti stili di vita. Invita anche alla ricerca delle migliori pratiche da utilizzare per ridurre gli sprechi degli alimenti vegetali.

Sia il mondo accademico e scientifico che tutti gli attori coinvolti nelle filiere produttive e distributive della verdura e della frutta sono chiamati a un impegno specifico per favorire il consumo di vegetali freschi per la popolazione del mondo.

La dichiarazione della FAO compare proprio nel momento in cui tutto il mondo è impegnato nella lotta contro il Covid-19 e intravede la possibilità di arginare progressivamente la circolazione del virus su scala globale.

La tempistica è quanto mai opportuna dal momento che secondo un gran numero di scienziati il cambiamento climatico, insieme alla riduzione degli spazi vitali per gli animali selvatici a causa degli allevamenti intensivi per produrre carne e latticini, sono direttamente legati alla pandemia attuale e al rischio, purtroppo assai concreto, del contagio e della diffusione di nuove infezioni provenienti da animali (spillover).

La crisi mondiale causata dal coronavirus, con le devastanti ricadute umanitarie, sanitarie ed economiche, non può che far riflettere sui modelli di vita attuali e fra questi su un’alimentazione insostenibile basata sulla carne e sui prodotti animali, che non può rimanere inalterata se si vuole invertire la tendenza allo sfruttamento senza limiti delle risorse alimentari e all’aggressione in atto all’equilibrio naturale del pianeta.

Gli interventi necessari per attuare questo cambiamento su scala globale sono tanti e a tutti livelli della vita produttiva, economica e sociale. Non c’è dubbio sul fatto che sono necessarie azioni drastiche internazionali e dei singoli governi, ma è bene considerare che ogni essere umano di questo mondo deve fare la propria parte. Al riguardo è essenziale rivedere gli stili di vita di ognuno di noi.

Se tanti cittadini del mondo saranno informati e consapevoli del potere che hanno le nostre scelte possiamo contribuire in modo attivo al cambiamento.

Fra gli stili di vita le scelte alimentari esercitano un ruolo importante. Conta cosa mettiamo in bocca. Una drastica riduzione del consumo di carne e di prodotti animali a favore dell’uso più consistente di frutta e verdura il più possibile da filiera corta, biologica e stagionale, insieme a cereali integrali e legumi, gioca un ruolo fondamentale per la salute delle persone, contribuendo a ridurre il pesante inquinamento del suolo, delle acque e dell’aria e a ricostituire la biodiversità vegetale. In questo senso la presa di posizione della FAO in favore dell’alimentazione vegetale è quanto mai opportuna e deve essere considerata ad ogni livello.

FAO. International Year of Fruits and Vegetables, 2021 A/RES/74/244.  Seventy-fourth session Agenda. Item 14. United Nations conferences and summits in the economic, social and related fields.

Armando Sarti, Medico

già direttore, Dipartimento d’Emergenza e Terapia Intensiva Azienda Sanitaria di Firenze

Alimentazione Biologica e Stress

Alimentazione Biologica e Stress

L’alimentazione Biologica può aiutare contro le infezioni e lo stress?

di Armando Sarti

In questi tempi di pandemia da Covid-19, in base alle modificazioni imposte dello stile di vita, ai timori del contagio e alle preoccupazioni economiche causate dal virus, il livello di stress della popolazione italiana è aumentato in modo allarmante, con conseguenze negative sulla salute (1).

Lo stress cronico infatti modifica lo stato infiammatorio dell’organismo nel suo insieme e può innescare o aggravare le più frequenti malattie del XXI° secolo (2), come l’ipertensione arteriosa, l’infarto, l’ictus, il diabete, il cancro, l’obesità, la depressione, l’artrosi e le malattie degenerative cardiovascolari e neurologiche. Lo stress cronico è implicato nell’infiammazione sistemica e agisce riducendo la risposta immunitaria, risorsa fondamentale per combattere le infezioni.

Per chi sfortunatamente s’infetta, inoltre, l’infiammazione cronica facilita l’evoluzione nelle forme più gravi della SARS-CoV-2 (l’infezione manifesta da Covid-19), con un rischio maggiore di finire in Terapia Intensiva. Chi ha già uno stato infiammatorio sistemico di base, come gli obesi, rischia infatti molto di più una evoluzione grave dell’infezione dal Covid-19 (3).

Sfortunatamente in questi periodi di lockdown la popolazione italiana, già in sovrappeso in larga percentuale, ha mostrato un incremento ponderale per quasi la metà degli individui, in gran parte a causa di utilizzo maggiore di “cibo di consolazione”, junk food, spesso dolci e cibo industriale confezionato, conservato e impacchettato.  È noto che il consumo di cibo spazzatura è collegato a un umore depresso, all’insonnia, allo stress e all’ansia (1,4).

Il vaccino potrà verosimilmente rappresentare una svolta per limitare la diffusione del virus, ma ci vorrà del tempo prima che una parte consistente (75-80%) della popolazione sia vaccinata, limitando ampiamente la circolazione del coronavirus.

C’è un altro aspetto inquietante. Bisogna ricordare anche, ed è noto da tempo, che il rischio di nuove infezioni provenienti da animali (spillover) sia attualmente molto alto. La responsabilità di questo rischio, assai concreto e previsto da molti scienziati, è interamente del genere umano che ha progressivamente ridotto la biodiversità e lo spazio vitale degli animali e ha creato, con gli allevamenti intensivi e il cambiamento climatico, i presupposti per l’attacco di nuovi virus. La stessa pandemia da Covid-19 era stata peraltro prevista da uno scienziato che pubblicò nel 2013 un libro risultato poi best seller (David Quammen. Spillover: Animal Infections and the Next Human Pandemic. Traduzione italiana: Spillover, l’evoluzione delle pandemie).

Rimane pertanto indispensabile, indipendentemente dal vaccino per il Covid-19, agire sul proprio stile di vita per limitare sia il rischio di ammalarsi che la progressione verso le forme più gravi delle infezioni.

Mantenere l’equilibrio psico-fisico e una buona reazione immunitaria dipende da vari fattori modificabili da parte dell’individuo, come la vita attiva, l’esercizio fisico, le tecniche di riduzione dello stress psicologico e l’alimentazione, che gioca al riguardo un ruolo fondamentale.

Un’alimentazione prevalentemente vegetariana di tipo mediterraneo, applicata secondo le tradizioni e le produzioni locali, fresca, stagionale, il più possibile da filiera corta, preparata personalmente, a base di verdure, ortaggi, piante aromatiche, spezie, olio extravergine d’oliva come grasso prevalente, frutta, cereali integrali, legumi, frutta secca e pesce azzurro garantisce al nostro organismo quanto necessita per mantenere o ripristinare lo stato di salute fisica e mentale, il buonumore e la resistenza alle infezioni e ai tumori (5).

Questo tipo di alimentazione, se assunta in quantità non eccessiva, protegge tutti i nostri organi e apporta una grande quantità di fitocomposti antiossidanti e protettivi, essenziali per mantenere la salute e l’equilibrio psicologico.

Questo tipo di alimentazione, se assunta in quantità non eccessiva, protegge tutti i nostri organi e apporta una grande quantità di fitocomposti antiossidanti e protettivi, essenziali per mantenere la salute e l’equilibrio psicologico.

Il microbiota intestinale, cioè l’insieme della popolazione batterica che alberga nel nostro intestino, oggi considerato un vero e proprio organo, che risente molto favorevolmente dell’apporto di cibo vegetale fresco e ricco di fibre, regola proprio lo stato infiammatorio di tutto l’organismo, il benessere fisico e mentale e l’efficacia della risposta immunitaria alle infezioni.

La ricerca scientifica sostiene anche che il cibo più calorico dovrebbe essere utilizzato nella prima parte della giornata, a colazione e pranzo, con una cena leggera, consumata non oltre le ore 19.00 o al massimo le 20.00, in accordo con il detto della saggezza popolare, del tutto confermato da pubblicazioni recenti: “una colazione da re, un pranzo da principe e una colazione da povero”.

Risulta essenziale anche ridurre la grande quantità di sostanze chimiche tossiche che ogni giorno ingeriamo con le bevande e gli alimenti. Per questo la scelta del biologico è importante per disintossicare l’organismo da tutta una serie di inquinanti come pesticidi, diserbanti e conservanti che non sono utilizzati con il sistema produttivo biologico.

L’acquisto di cibo prodotto secondo i criteri della coltivazione biologica e degli allevamenti biologici non intensivi ha ripercussioni importanti anche per favorire la produzione locale degli alimenti, sostenendo così l’economia regionale e tanti piccoli produttori che fortunatamente continuano ad impegnarsi per fornire alimenti sani e preservare l’ambiente.

Se ci pensiamo bene il potere della nostra bocca è immenso, se la consapevolezza dell’alimentazione che fa bene a sé stessi e al pianeta si potrà diffondere sempre più nelle scelte degli acquisti di una larga fascia della popolazione. Si riorienterebbe così la produzione del cibo a tutto vantaggio dell’economia dei territori, sana ed etica, evitando allo stesso tempo gli inquinanti viaggi delle derrate alimentari di alimenti industriali in tutto il mondo.

Studi recenti dimostrano inoltre che la scelta alimentare biologica produce effetti positivi per la salute individuale che vanno al di là dell’importante riduzione della chimica presente nei nostri piatti e degli effetti sociali delle nostre scelte alimentari.

Gli alimenti prodotti con il sistema biologico apportano una maggior quantità di sostanze anti-infiammatorie, attive proprio per proteggere l’organismo dallo stress (6). La cosa non sorprende se si pensa che la coltivazione biologica dei vegetali segue una maturazione naturale e non è forzata con concimi chimici, trattamenti antiparassitari e sostanze utilizzate per la conservazione.
La pianta sana produce tanti composti bio-attivi proprio per proteggersi dall’aggressione di microrganismi e dallo stress ambientale, come il freddo o il caldo eccessivo. Sono gli stessi composti antiossidanti e protettivi che esercitano effetti favorevoli di tipo anti-infiammatorio anche per l’essere umano.
Anche gli alimenti di origine animale ottenuti con mangimi biologici, che oltre ad un maggiore rispetto per il benessere animale e all’allevamento all’aperto, non prevede l’uso di antibiotici per favorire la crescita, presentano un complesso nutrizionale migliore, più ricco di sostanze protettive ad attività antinfiammatoria, ad esempio una maggiore quantità di acidi grassi Omega 3 antinfiammatori.
L’infiammazione e lo stato ossidativo persistente dell’intero organismo, che determina il danno vascolare per tutti gli organi e l’innesco delle malattie croniche, sono strettamente collegati.
Il potere antiossidante di vari alimenti ottenuti con il metodo biologico, come i vegetali, il vino rosso e i prodotti caseari risulta infatti superiore, in modo significativo, rispetto agli stessi alimenti della produzione convenzionale (6). Alcuni studiosi hanno osservato anche che, dopo solo due settimane di nutrizione di tipo mediterraneo con alimenti biologici, la capacità antiossidante del sangue umano aumenta del 21% (6). Il miglioramento dello stato di ossidazione indotto dall’alimentazione biologica può dipendere proprio dalla maggiore assunzione di sostanze antinfiammatorie e antistress nel sangue, ad esempio la quercetina (che sembra possedere specifici effetti antivirali), come dimostrato dalla maggiore quantità di questa sostanza presente nelle urine dei consumatori di cibo biologico (7).
Gli effetti di una dieta di tipo mediterraneo con cibo biologico possono realmente favorire la salute, come dimostrato con un evidente riduzione del rischio cardiovascolare in un campione di italiani (8). Il confronto della dieta mediterranea con quella “occidentale” a base di cibo industriale, carne, grassi nocivi e zuccheri, non lascia dubbi sugli effetti protettivi della prima per quanto riguarda l’ossidazione delle lipoproteine LDL, cioè del cosiddetto colesterolo cattivo, punto di partenza essenziale dell’aterosclerosi che determina la progressione delle placche arteriose responsabili di infarti e ictus (9).
La superiorità per la salute dell’alimentazione biologica rispetto a quella convenzionale è dimostrata da un numero costantemente crescente di studi eseguiti su campioni più o meno estese di popolazione, anche se, secondo alcuni scienziati, manca tuttora una dimostrazione ampia e definitiva (10).
Questo non sorprende dato che è molto difficile, nella ricerca che riguarda l’alimentazione, distinguere questo aspetto cruciale dello stile di vita da altri aspetti in grado di influire significativamente sulla longevità e sullo stato di salute.

La scelta alimentare biologica si lega spesso ad una maggiore attenzione ai determinanti della salute in generale, che riguardano l’attività fisica, l’attenzione alla sostenibilità ambientale e si associano ad uno stato socio-economico e culturale di livello più alto.
Una maggiore diffusione dell’utilizzo di alimenti biologici può senza dubbio ridurre il costo maggiore di questi cibi, già ridotto in verità negli ultimi tempi, in modo da rendere accessibile per tutti una nutrizione più salutare, a tutto vantaggio anche della salute del pianeta nel suo insieme.
Il costo apparentemente basso del cibo spazzatura non è reale se si paragona al cibo fresco biologico prevalentemente vegetale, senza contare il peso economico per la società e per l’individuo delle malattie indotte proprio dal cibo ultraprocessato, in termini di costi non più sostenibili dei servizi nazionali sanitari e riabilitativi.
Altri scienziati pongono l’attenzione sul fatto che “biologico” non significa la stessa cosa in tutto il mondo. La regolamentazione europea, e ancora di più quella italiana, presentano infatti criteri più restrittivi per la produzione, che garantiscono prodotti sani e ricchi di sostanze benefiche per la salute. Questi ricercatori valorizzano l’evidenza scientifica consistente dei dati già disponibili in letteratura in favore del biologico (11).
Gli stessi autori affermano che in termini di alimentazione qualcosa di positivo si è osservato nel periodo di lockdown in Italia (12). La gente si è rivolta di più ai mercatini rionali, che vendono prodotti regionali a filiera corta, spesso di tipo biologico, certificato o comunque prodotto in modo naturale senza ricorso alla chimica. Il dato è incoraggiante se si pensa che attualmente la grande distribuzione, che offre in grande quantità cibo processato delle multinazionali, detiene una quota preponderante del mercato degli alimenti.
Una cosa rimane importante ed è sostenuta dai dati scientifici disponibili. Le infezioni, compresa quella sostenuta dal virus Covid-19, possono essere efficacemente combattute anche a tavola.
Si tratta di privilegiare l’alimentazione biologica di tipo mediterraneo rispetto a quella basata sui cibi ultraprocessati delle multinazionali, certamente deleteri per la salute e per lo stato infiammatorio dell’organismo. La capacità antinfiammatoria e antiossidante del cibo biologico risulta infatti molto superiore rispetto a quella del cibo convenzionale, in alcuni casi fino al 300% in più (12), aumentando la risposta dell’organismo agli eventi stressogeni della vita attuale.

Bibliografia:

  • Laura Di Renzo, et al. Psychological Aspects and Eating Habits during COVID-19 Home Confinement: Results of EHLC-COVID-19 Italian Online Survey. Nutrients 2020, 12, 2152.
  • Kempuraj D, et al. COVID-19, Mast Cells, Cytokine Storm, Psychological Stress, and Neuroinflammation. 2020 Oct-Dec;26(5-6):402-414
  • Finer N et al. COVID-19and obesity. Clin Obes. 2020 Jun;10(3):e12365
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  • Grinder-Pedersen et al. Effect of food based on conventional versus organic production on intake and excrection of flavonoids and markers of antioxidative defense in humans. J Agric Food Chem. Vol 51, N.19, 2003
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  • Vigar V et al. A Systematic Review of Organic Versus Conventional Food Consumption: Is There a Measurable Benefit on Human Health? Nutrients 2020, 12, 7; doi:10.3390/nu12010007
  • Di Renzo et al. Comment on: “A Systematic Review of Organic Versus Conventional Food Consumption: Is There a Measurable Benefit on Human Health? Nutrients 2020, 12, 7” . Nutrients 2020, 12, 696; doi:10.3390/nu12030696
  • https://www.cambialaterra.it/2020/11/con-il-bio-aumenta-del-20-la-capacita-di-resistere-agli-stress/ . Intervista alla Professoressa Laura Di Renzo, accesso alla rete del 19.12.2020

Armando Sarti, Medico

già direttore, Dipartimento d’Emergenza e Terapia Intensiva Azienda Sanitaria di Firenze

COVID-19 Seconda Ondata: L’attesa attiva

COVID-19 SECONDA ONDATA

L’attesa attiva

di Armando Sarti

Mi è stato chiesto di fare una riflessione su questi tempi nel corso della seconda ondata della pandemia. Sabato 28 Novembre u.s. ho quindi fatto una presentazione web su invito di Andrea Battiata, rivolta al gruppo degli amici di Orto Bioattivo, portando l’attenzione su come si possa tirare fuori qualcosa di buono da questo periodo contrassegnato dall’attesa. Di vaccini si parla costantemente. Si parla invece poco o niente su come sia possibile rafforzare le proprie difese immunitarie. Parlare di prevenzione per rafforzare la risposta individuale nei confronti delle infezioni è più che mai auspicabile per informare la popolazione sulle armi a nostra disposizione e diffondere messaggi positivi che vadano oltre alle raccomandazioni igieniche di base e di distanziamento.

È possibile che alcuni, fra i tanti vaccini in corso di sperimentazione, possano rappresentare una risorsa importante per fronteggiare la pandemia, ma non sono, e non saranno per molti mesi, disponibili su larga scala per chiunque voglia vaccinarsi. Inoltre i dati sull’efficacia e sulla sicurezza pubblicati sulle riviste scientifiche più autorevoli non sono ancora definitivi.  In ogni caso, sappiamo ancora poco su questo coronavirus per ipotizzare come evolverà l’interazione con l’essere umano e sfortunatamente, in questo mondo maltrattato da noi stessi, ci sono tanti altri virus che dagli animali possono facilmente fare il salto di specie (spill over) e infettare gli umani, con il rischio di nuove pandemie.

Questa sensazione di attesa forzata può rappresentare uno stimolo e un’occasione da non perdere per una revisione del proprio stile di vita per prevenire le infezioni, o per limitare l’evoluzione nelle forme più gravi della malattia per chi s’infetterà, oppure ancora per rimettersi in forma nella fase di convalescenza, per chi ha già subito gli effetti del virus.

In questo sito, blog di alimentazione e benessere, ci sono già molti spunti sui vari aspetti di prevenzione. Di seguito alcune brevi note su alcuni temi trattati nella presentazione web.

  1. Come seguire le raccomandazioni è ben noto, ma non è tuttora praticato da tutti ed è bene ricordarlo.
  2. L’alimentazione è alla base del nostro benessere fisico e mentale e risulta cruciale anche per rafforzare il sistema immunitario e prevenire le infezioni, Covid-19 compreso. Cosa noi mettiamo in bocca influisce sulle nostre difese biologiche sia direttamente che tramite l’attività del microbiota del tratto digerente, cioè l’insieme della popolazione microbica che alberga nell’intestino, che risulta determinante per regolare lo stato infiammatorio dell’organismo. L’eccesso di alimentazione e la cattiva qualità dell’alimentazione (eccesso di alimenti di origine animale, il cibo industriale delle multinazionali impregnato di sale, zucchero e grassi nocivi) infiamma tutto l’organismo e facilità la suscettibilità e la gravità delle infezioni. Al contrario, un’alimentazione prevalentemente vegetale, stagionale, biologica e il più possibile a Km zero, con un po’ di pesce azzurro e grassi benefici (soprattutto l’olio extravergine d’oliva) rafforza le nostre difese, mantiene la funzione dei nostri organi e risulta cruciale anche per ridurre l’inquinamento e il riscaldamento globale, promuovendo così la sostenibilità ambientale.
  3. Anche l’attività fisica gioca un ruolo essenziale per mantenersi sani, per migliorare l’umore e per resistere alle infezioni. Non si tratta di sfinirsi in palestra, per altro non fattibile al momento. Alle attuali limitazioni imposte si può reagire mantenendo il nostro corpo in movimento con passeggiate e bicicletta e anche in casa, evitando lunghe soste davanti alla TV o al computer, utilizzando la cyclette e cicli regolari di ginnastica facilmente disponibili e gratuiti. Essenziale anche utilizzare ogni occasione per muoversi, le scale al posto dell’ascensore ad esempio.
  4. Come accennato sia la buona alimentazione che l’esercizio fisico agiscono positivamente sul nostro umore. Ogni tecnica di rilassamento, spesso basata sulla respirazione, come la meditazione, lo yoga e il tai chi, abbassa il livello di stress e favorisce la funzione immunitaria. Un favorevole effetto anti stress si ha comunque dedicando del tempo a sé stessi facendo quello che più ci piace fare, come ascoltare musica, leggere, parlare con le persone care e con gli amici, fare l’amore e qualsiasi cosa ci faccia stare bene.
  5. Fra le cose che ci fanno stare bene non possiamo dimenticare che anche fare del bene agli altri produce effetti benefici in noi stessi. In questi tempi difficili un aiuto concreto o anche solo l’attenzione empatica, rivolta a chi è più in difficoltà, possono risultare davvero importanti.

Questo tempo “sospeso” di attesa può essere speso per ripensare le proprie abitudini e il proprio stile di vita e per pianificare con determinazione un progetto di revisione a tutto campo su tanti aspetti della vita quotidiana, a tutto vantaggio della propria salute, del benessere di tutti e del mondo in cui viviamo.

Armando Sarti, Medico

già direttore, Dipartimento d’Emergenza e Terapia Intensiva Azienda Sanitaria di Firenze