Il sale della vita e il sale nella zucca

di Armando Sarti

Il sale è deleterio per la pressione e per il cuore. Contrordine!

Non fa poi così male e anche troppo poco non va bene. Dipende, da cosa? Da tanti fattori.

Ma allora, in definitiva, quanto sale dovremmo assumere al giorno?

Come per molti altri aspetti riguardo all’alimentazione, l’informazione disponibile sui media sul corretto uso del sale da cucina nella nutrizione umana, il cloruro di sodio, confonde molto le idee. Si dice tutto e il contrario di tutto ed è davvero difficile farsi un’idea delle reali evidenze scientifiche quando si ascoltano gli esperti, veri o improvvisati, nel web, alla radio o in TV e si leggono varie teorie e interpretazioni discordanti nei quotidiani e nelle rubriche dei settimanali.
Il cloruro di sodio è indispensabile per la vita; su questo non c’è dubbio. Il problema è come dosarlo per l’equilibrio fisiologico dell’organismo e per mantenere un buono stato di salute. Orientarsi in base alle informazioni disponibili non è facile, neanche per gli addetti ai lavori.
Prima si considerava semplicemente che, assumendo più sale, aumentava la sete e l’acqua così ingerita diluiva il sangue, aumentandone il volume per mantenere la giusta concentrazione salina. Oggi sappiamo che è molto più complesso di così.
Ricerche recenti, pubblicate sul Journal of Clinical Investigation rivelano che in realtà con più sale non è detto che si beva di più e che l’acqua necessaria per il mantenimento della concentrazione nel sangue è endogena, cioè prodotta dall’organismo, principalmente dal gasso e dai muscoli, in risposta a variazioni ormonali e attivazione del sistema simpatico.

No solo; molto sale non ci farebbe necessariamente diventare più assetati, ma più affamati!

Questi meccanismi spiegano vari altri effetti collaterali, oltre a quelli cardio-vascolari, dell’eccesso di assunzione di sodio, come l’indebolimento delle ossa, la calcolosi renale e il rischio di diabete.
Ripetute misurazioni dell’assunzione giornaliera di sale nella popolazione europea, americana e asiatica rivelano che il cloruro di sodio è in evidente eccesso per la quasi totalità delle persone (10 grammi al giorno e oltre).
Certamente quando i nostri geni si sono definiti, nel corso dell’evoluzione, il sale era ben poco disponibile per la maggior parte degli esseri umani primitivi. Gli alimenti vegetali ed animali, comunque, contengono già quantità sufficienti per le esigenze dell’organismo umano.

La letteratura scientifica indica da tempo con tutta una serie di studi epidemiologici e clinici, ripetuti nel tempo e in contesti diversi, che un eccesso di sale nella dieta si riflette in un incremento dei valori della pressione arteriosa, sia massima che minima, e in un aumento del rischio cardiovascolare e della mortalità da infarto, ictus scompenso cardiaco. È molto improbabile che tanti studi controllati e le successive meta-analisi, (cioè studi che mettono insieme una grande mole di dati di decine di ricerche diverse, elaborandoli con sofisticate tecniche statistiche su uno stesso quesito scientifico), producano informazioni senza significato.

Si sa però che la risposta individuale al carico di sodio varia molto da soggetto a soggetto, tanto che oggi si parla di salt-responders e non-responders. In altri termini l’eccesso dell’assunzione quotidiana di sale aumenta la pressione arteriosa e i rischi conseguenti in una parte, ma non in tutta la popolazione. Definire chi è responder, e chi non lo è, non è attuabile a priori. Si potrebbe stabilire solo nell’ambito di studi clinici controllati, variando l’assunzione di sale e seguendone gli effetti. Comunque fra i fattori noti che aumentano la probabilità di essere responder, e quindi di subire l’aumento dei valori pressori e gli effetti indesiderati dell’eccessivo uso di sale, figurano l’età avanzata, avere già la pressione alta (in trattamento e non), soffrire di malattie renali, essere afro-americani, essere nati di basso peso e, per le donne, aver sofferto di pre-eclampsia durante la gravidanza.

È facile pensare che gli afro-americani abbiano meccanismi genetici particolarmente efficaci per la conservazione del sodio nell’organismo, dato che la vita in Africa è caratterizzata dal clima caldo che comporta un aumento della sudorazione e una consistente perdita di sali e liquidi.
Questa categoria di persone, i responders, farebbe senz’altro bene a limitare l’assunzione di sale o quantomeno a controllare gli effetti sulla pressione arteriosa dell’eccessivo consumo (ripetute misurazioni o Holter pressorio di 24 ore da ripetere dopo la dieta ricca o povera di sale).

Non bisogna dimenticare, però che anche troppo poco sale risulta dannoso per la salute. Al di sotto dei 2.5 grammi al giorno si osserva un aumento della pressione arteriosa e del rischio cardio-vascolare, oltre ad alterazioni idro-saline e del sistema nervoso autonomo.
Gli effetti nocivi dell’eccesso di sale non si limitano comunque alla pressione arteriosa e alle malattie del cuore. Sono disponibili dati controllati che correlano l’aumento dell’assunzione di cloruro di sodio al rischio di obesità, ad alcuni tipi di tumore (stomaco e rene), alla calcolosi urinaria e al peggioramento della funzione renale, cerebrale e vascolare.

Uno studio pubblicato in questi giorni evidenzia anche una ridotta risposta immunitaria contro le infezioni delle vie urinarie con una dieta ad alto contenuto di sodio. L’azione indesiderata del sale sembra essere a carico di specifiche cellule della risposta immunitaria e ad un’alterazione dell’equilibrio ormonale.
Per la grande maggioranza degli esperti qualificati non sussistono molti dubbi sul fatto che una riduzione del sale con gli alimenti possa essere in grado di apportare consistenti benefici per la maggior parte della popolazione. Anche pochi millimetri di mercurio di riduzione dei valori della pressione arteriosa, che sembrano trascurabili, hanno evidenti ripercussioni per la riduzione delle complicanze vascolari (emorragie cerebrali, ischemie cerebrali, infarti).
La salute in generale della popolazione, oltre che l’incidenza delle malattie cardio-vascolari (prima causa di morte insieme ai tumori nell’Occidente) con conseguente disabilità fisica e mentale ne risentirebbe in modo significativo.

La riduzione del sale assunto con la dieta, secondo uno studio recente pubblicato sulla prestigiosa rivista PLoS One, potrebbe produrre inoltre un risparmio molto consistente per l’economia dei paesi occidentali, dell’ordine dei miliardi di Euro ogni anno, in base ai ridotti costi dell’assistenza sanitaria, riabilitativa e sociale per i problemi di salute che il sale in eccesso comporta.

La quantità di sale non è comunque l’unico fattore in gioco per il rischio d’ipertensione. Risulta evidente dalla ricerca che oltre al sodio entrano in gioco anche gli altri minerali assunti con il cibo e le bevande. In particolare la qualità delle proteine e dei grassi ingeriti e la quantità di potassio, calcio e magnesio. Più potassio è assunto con gli alimenti e migliore è l’equilibrio della circolazione, con pressione arteriosa mantenuta nella norma, e ridotti effetti indesiderati dell’eccesso di sodio. Anche per il calcio e il magnesio si osservano effetti positivi per la circolazione del sangue.
Anche in questa prospettiva, un’alimentazione prevalentemente vegetale, ricca di verdura, ortaggi, frutta fresca e secca in seme (noci, mandorle, nocciole, pinoli, pistacchi) cereali integrali e legumi, tutte fonti essenziali di potassio, magnesio e calcio, rappresenta un fattore fondamentale per il miglioramento della circolazione del sangue ai vari organi e della salute in generale.

È interessante notare infatti che, con un approccio di tipo macrobiotico all’alimentazione, che non prevede drastiche riduzioni di sale, ma riduce allo stesso tempo il rischio cardio-vascolare, non si osserva un incremento dei valori della pressione arteriosa, ma una diminuzione o il mantenimento dei valori normali, probabilmente perché la netta prevalenza di cereali, verdure e legumi apporta significative quantità di potassio, magnesio e calcio.

In termini più “macrobiotici” si può dire d’altro canto che il sale permette di equilibrare il bilanciamento yin-yang dei vari alimenti.

Il cosiddetto junk food (merendine, snacks, salatini, patatine, carni processate, etc.) e il cibo industriale delle multinazionali già preparato, impacchettato o in scatola, estremamente carico di sale (oltre che di zucchero e grassi nocivi) rappresenta la fonte principale dell’eccessiva assunzione di cloruro di sodio con la dieta occidentale. Questo apporto di sale con il cibo industriale risulta più significativo di quello aggiunto con la cottura o il condimento degli alimenti non trattati.

Anche i salumi e varie salse e barattoli di cibo conservato sovraccaricano l’organismo di cloruro di sodio.

La maggior parte delle attuali raccomandazioni scientifiche, redatte in base a revisioni di studi attendibili effettuata dalla Cochrane, consiglia per i soggetti in salute di ridurre l’assunzione di sale, dagli attuali 10-12 grammi in media della popolazione occidentale ai 5 grammi al giorno. Cioè, in pratica, mantenere un’alimentazione non eccessiva, prevalentemente vegetale, togliendo la saliera dalla tavola e utilizzando per la cottura e il condimento una quantità minima di sale. In termini generali si tratta, per l’alimentazione quotidiana, di utilizzare prodotti freschi e preparati personalmente, se possibile.
L’apporto è da ridurre ancora, a circa 3 grammi, se la pressione arteriosa è già alterata e il rischio cardio-vascolare aumentato. In questo caso anche sostituti del sale, meno ricchi di sodio, possono rivelarsi utili.

D’altra parte bisogna considerare che senza sale il cibo non è in genere molto apprezzato, anche se è dimostrato che una progressiva riduzione nel tempo del sale in cucina permette di abituare il gusto senza avvertirne poi troppo la mancanza.
Per ottenere questa riduzione possono essere messe in atto varie altre strategie, oltre a una drastica riduzione del cibo trattato dall’industria e l’ovvia limitazione del sale utilizzato per la preparazione degli alimenti.

Basta avere un po’ di sale nella zucca.

Ad esempio è possibile migliorare il sapore del cibo fresco con spezie e piante aromatiche, limitando così il sale e i condimenti molto salati. Il limone, l’aceto di mele, i semi oleosi, l’aglio e il prezzemolo, ad esempio, si rivelano molto utili come condimenti. Gli alimenti conservati sotto sale, come i capperi, le olive e le acciughe, dovrebbero essere sciacquati prima del consumo. È anche opportuno leggere sempre il contenuto di sale nelle etichette del cibo preparato prima di acquistarlo.
Da considerare anche che l’esercizio fisico può risultare sinergico con la corretta alimentazione, per la sudorazione indotta dall’attività muscolare e quindi la dispersione di sale all’esterno dell’organismo. Solo in caso di sudorazione molto consistente, d’altra parte, (esercizio fisico intenso e prolungato al caldo, sauna e bagno turco) è indicato il ripristino dell’equilibrio idro-salino con acqua e bevande leggermente salate, che contengano però anche gli altri elettroliti essenziali, come il potassio, il calcio e il magnesio. L’ideale in questi casi sarebbe il brodo vegetale con aggiunta di un pizzico di sale o tisane vegetali e non le bevande specifiche reclamizzate per gli sportivi dall’industria.

Naturalmente una campagna informativa ben fatta in questo senso è improbabile che sia sostenuta dalle grandi multinazionali della produzione industriale del cibo e dovrebbe essere promossa dalle istituzioni nazionali e internazionali, supportate dalle comunità scientifiche e dagli enti senza fine di lucro, in favore delle scuole e della popolazione in generale. Gli effetti positivi per la salute sarebbero davvero consistenti. Sarebbero senza dubbio soldi spesi bene.

Per approfondire:

  • Farquhar W et al. Dietary Sodium and Health. Review. Journal of the American College of Cardiology 2015; 65:1042-50.
  • Data from the Conference “Experimental Biology 2017”, Chicago, USA, 22-26 April, 2017
  • Meier T et al. Healthcare Costs Associated with an Adequate Intake of Sugars, Salt and Saturated Fat in Germany: A Health Econometrical Analysis. PLoS One 2015, Sep 9; 10 (9): e0135990
  • Aburto NJ et al. Effect of lower sodium intake on health: systematic review and meta-analyses. BMJ 2013; 346: f1326
  • Kolata G. Why Everything we know about salt may be wrong. The New York Times. May 8, 2017.
  • Rakova N, et al. Increased salt consumption induces body water conservation and decreses fluid intake. J Clin Invest 2017; 127 (5): 1932-43
  • Jobin K et al. A high salt diet compromises antibacterial neutrophil responses through hormonal perturbation. Science Translational Medicine 2020; 12, 536, eaay3850
  • Fujita T. Mechanism of salt-sensitive hypertension: focus on adrenal and sympathetic nervous system. J Am Soc Nephrol 2014: 25 (6):1148-55
  • He FJ et al. School based education programme to reduce salt intake in children and their families (School-EduSalt): cluster randomised controlled trial. BMJ 2015; 18; 350: h770

Armando Sarti, Medico