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Il potere della bocca | Prima parte

Il potere della bocca

Prima parte

Questo mondo è sempre più in crisi, tra guerre, degrado dell’ambiente, ingiustizia sociale, peggioramento dei servizi sanitari nazionali e crescente insoddisfazione delle persone che corrono avanti indietro sempre più stressate e spesso incattivite, specialmente nel nostro paese secondo la mia percezione.
Considerando questi problemi, che appaiono difficilmente risolvibili, è davvero spiacevole la sensazione di impotenza che deriva nei confronti di tante cose che non vanno bene.
E’ ovvio che tante incongruenze e criticità debbano essere affrontate a livello globale dalle istituzioni governative e indipendenti internazionali. Sarebbe auspicabile e necessario un vero e proprio neo-Umanesimo che metta al centro un nuovo modello di sviluppo con un sano atteggiamento di sobrietà, ponendo fine a un consumismo indotto ed eccessivo, alla vergogna degli sprechi e alla continua ricerca di sempre più profitto da parte di pochi senza considerare le conseguenze delle proprie azioni per quanto riguarda l’interesse di tutti.

Siamo comunque tutti coinvolti, abbiamo tutti delle responsabilità e non è accettabile che ognuno di noi possa ritenersi assolto e esonerato dal fare qualcosa di utile per sé e per tutti i viventi del nostro pianeta seriamente ammalato. Non possiamo restare muti. E’ necessario superare la passività, aprire la bocca e farsi
sentire. 

Un punto di partenza è rappresentato proprio dalla nostra bocca che racchiude un potere immenso se in tanti, sempre di più, decidiamo consapevolmente cosa metterci dentro. Le nostre scelte alimentari non sono solo determinanti per rimanere in salute, o guarire e ripristinare così il miglior benessere possibile in base
alle reali condizioni in cui ci troviamo.

Sono cruciali anche per modificare e riorientare la produzione, la distribuzione, la commercializzazione e il consumo del cibo a livello globale, almeno per le popolazioni di questo mondo che sono messe in grado di esercitare delle scelte.

La scelta di nutrirsi in modo consapevole si basa sulle conseguenze del nostro stile nutrizionale sulle varie possibilità dell’alimentazione che si riflettono, oltre che sulla salute, anche sull’economia globale e sulla sostenibilità e quindi rappresentano un tema politico e antropologico essenziale e strettamente attuale.
…continua

Armando Sarti, Medico

SPORT e ALIMENTAZIONE | Seconda Parte

Sport e Alimentazione

Seconda Parte
di Armando Sarti
ASPETTI GENERALI DELL’ALIMENTAZIONE PER GLI SPORTIVI (8)

Rispetto a chi non pratica attività fisica regolare lo sportivo necessita uno stile alimentare che
permetta di sostenere l’esercizio fisico protratto e proteggere l’individuo dallo stress ossidativo (8). 

Una dieta ben strutturata che contenga l’apporto energetico e plastico nei giusti tempi in rapporto agli allenamenti e alle gare è alla base della strategia generale della preparazione all’attività agonistica, come anche del benessere dell’atleta. 

Sia l’apporto insufficiente delle calorie totali che quello dei singoli macronutrienti, cioè carboidrati, proteine e grassi, impedisce l’adattamento dello sportivo alle esigenze agonistiche e al recupero post gara. 

Altrettanto cruciale è l’apporto di acqua e dei micronutrienti, quali vitamine, minerali e sostanze protettive antiossidanti, per ridurre la suscettibilità agli infortuni e alle infezioni e mantenere l’equilibrio immunologico, ormonale e il benessere generale dell’atleta.

Apporto energetico:

E’ intuitivo che l’atleta debba ingerire calorie sufficienti per compensare l’aumento della spesa
energetica relativa agli allenamenti e alle gare. Chi svolge attività sportiva ricreativa, ad esempio 30-40 minuti di allenamento per tre giorni a settimana, non necessita di particolari aumenti dell’apporto calorico rispetto al soggetto non sportivo (intorno alle 2000 kcal giornaliere, variabile
in base al peso).
Chi invece pratica sport a livello agonistico allenandosi 2 o 3 ore al giorno per 5-6 giorni a settimana necessita di circa 50 kcal/Kg al giorno. 

Per gli atleti ad alto livello, soprattutto per quelli impegnati in attività di endurance (corse o nuoto di lunga durata, ciclismo su strada, triathlon) l’apporto è ancora superiore (addirittura fino alle 12.000 kcal al giorno!) e il programma nutrizionale che comprende molto spesso supplementi e integratori, è individuale e specifico per il tipo di attività sportiva, oltre che altamente personalizzato.

Non è facile assumere quotidianamente un carico così consistente di alimenti, anche perché
spesso l’allenamento intenso tende a ridurre la fame. 

I tempi digestivi inoltre non facilitano affatto il rispetto orario dei programmi di allenamento.  In questo senso un pasto completo con proteine vegetali può risultare vantaggioso, riducendo i tempi digestivi e facilitando il programma di allenamenti. Si rendono necessari alimenti ad alto contenuto energetico distribuiti in 5-6 pasti quotidiani e l’assunzione di preparati energetici e proteici sotto forma di frutti o snacks anche durante e dopo gli allenamenti e le gare.

La necessità di assumere tante calorie e lo stress collegato alle gare può provocare spesso negli atleti disturbi gastro-intestinali ed è quindi essenziale considerare bene cosa e come si mangia, indipendentemente dal conteggio di carboidrati, proteine e grassi.

 

Carboidrati (CHO): 

Nessun atleta può fare a meno di un apporto consistente e regolare di CHO, dato che le riserve di questi nutrienti sono limitate nell’organismo (circa 300 kcal nel fegato e 2000 kcal di glicogeno nei muscoli se la nutrizione è ottimale). 

I carboidrati si possono suddividere in semplici e complessi. I complessi, soprattutto gli amidi, si trovano principalmente nei cereali e semicereali, nei legumi e in misura inferiore (ad eccezione delle patate) nelle verdure e ortaggi. La frutta e tutte le preparazioni “dolci”, cioè contenenti saccarosio, lo zucchero comune, (glucosio e fruttosio legati insieme) e altri dolcificanti naturali, ad esempio il miele o lo sciroppo di acero, contengono invece notevoli quantità di carboidrati semplici, spesso denominati semplicemente zuccheri. Nella trattazione che segue si considerano per lo più i carboidrati complessi, dato che quelli semplici, consumati in modo consistente, comportano effetti tossici per l’organismo umano, sono altamente sconsigliati nell’alimentazione in generale e anche per gli sportivi devono essere normalmente consumati in quantità ridotte e in specifiche circostanze. 

Una dieta considerata bilanciata che apporta intorno al 50% di CHO (4g/Kg/die), 15-20% di proteine (circa 1g/Kg/die) e 30% di grassi (1.2 g/Kg/die circa) costituisce un apporto più che sufficiente per chi svolge regolarmente attività fisica amatoriale o ricreativa.

Per gli atleti impegnati in allenamenti costanti e gare le necessità di carboidrati sono superiori, fino a 10 g/Kg/die e variano in rapporto al tipo di sport praticato. I CHO dovrebbero essere forniti per lo più da cereali, pseudo cereali come il grano saraceno e il miglio, legumi, frutta e ortaggi. CHO a più rapido assorbimento, ad esempio le maltodestrine, sono spesso utilizzati durante gli allenamenti intensi e le gare, soprattutto se l’attività fisica intensa si protrae oltre le due ore. In ogni caso lo stato nutrizionale di base influisce molto sul mantenimento di adeguate performances sportive.

Per chi pratica attività fisica intensa e protratta è consigliato un apporto limitato di CHO semplici, come le maltodestrine oppure, e preferibile per alcuni studiosi, gli alimenti naturali come le banane (1/4 del peso è costituito da zuccheri) o i datteri (2/3 del peso è costituito da zuccheri), alla dose di 30 -40 grammi per ora finché dura la gara o l’allenamento. Per gli sport che necessitano di fasi di sforzo molto consistente e breve durata, come le corse veloci, i salti e gli scatti si dà particolare importanza al mantenimento di una glicemia (la quantità di glucosio nel sangue) stabile mediante pasti e integrazioni frequenti più che in grande quantità, anche per evitare l’aumento del peso corporeo. Se l’attività agonistica si ripete entro breve tempo in fasi successive è bene considerare sempre un rifornimento di CHO dalla cessazione dello sforzo fino alla ripresa dell’attività.

 

Proteine:

L’apporto proteico per gli atleti è tuttora oggetto di discussione e dibattito. Gli studi degli ultimi decenni indicano comunque un apporto proteico superiore a quello dell’adulto che non esegue esercizio fisico intenso, che è di 0.8 g/Kg/die, fino al doppio o più (intorno a 1.5g/Kg/d, fino a 2g/Kg/d) allo scopo di mantenere un bilancio azotato in equilibrio, necessario per la salute muscolare e la prevenzione di infortuni. 

A questo scopo gli atleti sono soliti consumare 20-40 grammi di proteine dopo l’allenamento intenso. Nell’arco della giornata un apporto proteico adeguato risulta così calcolabile in circa 250-500 grammi di carne o pesce al giorno. Le proteine animali in quantità consistente producono acidificazione tissutale e possono depauperare lo scheletro di calcio per contrastare l’acidosi, mentre gli alimenti proteici vegetali come legumi, frutta secca, semi oleosi e cereali, risultano in genere alcalinizzanti. 

Quantità consistenti di proteine animali, soprattutto da carni rosse, attivano inoltre nell’organismo meccanismi anabolici che nell’adulto facilitano l’invecchiamento e il rischio di tumori (attivazione mTOR). 

La sostituzione di parte delle proteine con alimenti proteici vegetali, come i fagioli, la soia e gli altri legumi, i cereali e i semi oleosi, come le noci, le mandorle, i pinoli e le nocciole, rappresenta quindi una scelta vantaggiosa per la salute dell’atleta, data la diversa composizione di aminoacidi delle proteine vegetali rispetto a quelle animali. In questo senso è cruciale la quantità dell’aminoacido essenziale metionina che risulta tossico in elevate quantità, molto rappresentato nella carne e poco rappresentato nei legumi e, in quantità inferiori rispetto alla carne, nei cereali.

Da considerare che anche alcuni ortaggi risultano ricchi in proteine, ad esempio i broccoli, gli spinaci e gli asparagi. Il metabolismo muscolare e l’aumento della massa muscolare, assai attivati dall’esercizio fisico intenso, richiedono una quantità sufficiente di aminoacidi a catena ramificata, leucina, isoleucina e valina. Le sieroproteine del latte, molto rappresentate nella ricotta e altri formaggi freschi ottenuti dal siero separato dalla cagliata, sono particolarmente ricche di aminoacidi ramificati, compresa la leucina, particolarmente adatta per il recupero e la “riparazione” muscolare successiva all’esercizio intenso.

Anche alcuni alimenti vegetali apportano quantità consistenti di aminoacidi a catena ramificata e in particolare di leucina, come l’avena, il frumento, la soia, la canapa, la quinoa, i semi di zucca, le alghe marine secche e gli altri legumi. Le proteine non sono infatti contenute solo negli alimenti di origine animale. I legumi e i semi oleosi, e in minor misura i cereali e pseudocereali, contengono infatti importanti quantità di proteine, spesso al di sopra di quelle contenute nella carne. 

Le proteine di origine animale (carne, pesce, uova e latticini) presentano una combinazione aminoacidica più favorevole per quanto riguarda la presenza e le quantità relative di aminoacidi essenziali e non essenziali (sono essenziali quelli che l’organismo non può produrre da altri substrati e che devono essere forniti necessariamente con gli alimenti proteici). 

La tirosina è un aminoacido precursore della sintesi delle catecolamine e secondo alcuni studi può essere efficace nella performance cognitiva per gli sport che richiedono concentrazione. Questo aminoacido è stato associato con caffeina e teanina per lo stesso scopo. La tirosina è presente negli alimenti proteici animali e nelle noci. La teanina è un aminoacido non proteico, costituente essenziale del tè verde e produce uno stato di allerta e attenzione non associati a stress (9).

La combinazione degli alimenti vegetali, soprattutto legumi associati ai cereali o pseudocereali, produce comunque una miscela di aminoacidi che si avvicina molto a quella delle proteine animali.
Il tofu, ad esempio, costituisce un’ottima scelta per l’apporto proteico e di minerali, così come il tempeh.
Come accennato altri fattori entrano in gioco, soprattutto se si vuole reintegrare rapidamente il livello di aminoacidi nel sangue dopo le gare e gli allenamenti intensi. Le proteine del riso, ad esempio, sono digerite in poco tempo e gli aminoacidi, soprattutto la leucina, assorbiti molto rapidamente. La combinazione di riso e piselli secondo alcuni studi risulta particolarmente favorevole, paragonabile ai più utilizzati prepararti di sieroproteine del latte ed è adatta anche per gli atleti vegani (10, 11).

Le polveri di proteine (20-40 grammi) da sciogliere in acqua sono utilizzate da parte di molti atleti, nelle fasi immediatamente successive alla gara o all’allenamento, soprattutto dopo esercizi di potenziamento muscolare. Sono di facile e pratico impiego e anche reidratanti. Bisogna considerare sia la composizione di aminoacidi delle varie proteine che la digeribilità e biodisponibilità dei singoli alimenti proteici. 

Anche l’apporto adeguato di CHO e grassi risulta importante per mantenere l’equilibrio azotato. Rimane comunque essenziale un apporto proteico regolare, distribuito in ognuno dei pasti principali.

Alimentarsi con una combinazione di alimenti proteici di derivazione vegetale meno “intossicanti”, soprattutto legumi e semi oleosi, con quelli di origine animale, preferibilmente il pesce azzurro, il pollo, le uova e la ricotta, rappresenta la giusta strategia per mettere insieme la salute, la durata della vita competitiva e l’invecchiamento sano dell’atleta con la ricerca della migliore performance sportiva.

 

Grassi:

La quantità di grassi per gli atleti non differisce di molto in genere da quella raccomandata per la popolazione generale, da 0.5 a 1 g/Kg/d. La qualità però risulta importante, dato che è consigliabile, come peraltro anche per chi non fa sport, l’apporto dei grassi che contengano acidi grassi essenziali, cioè disponibili solo con l’alimentazione, dato che l’organismo umano non è in
grado di sintetizzarli. Sono soprattutto gli acidi grassi Omega3, l’acido eicosapentaenoico, EPA e l’acido docosaesaenoico, DHA, i polinsaturi sintetizzati a partire dall’acido alfa-linolenico (ALA), presenti soprattutto nei pesci grassi, come gli sgombri, le sardine, le acciughe e l’olio di fegato di merluzzo. 

Acidi grassi della serie Omega3, in quantità minore, sono presenti anche nelle carni di erbivori che si nutrono spontaneamente al pascolo e nella cacciagione. 

Alcuni alimenti vegetali e principalmente i semi oleosi (noci, mandorle, lino) contengono in quantità l’acido linolenico, che l’organismo può trasformare in piccola parte negli omega3 più attivi, soprattutto nei soggetti giovani.
Alcune bevande proposte per chi pratica sport sono arricchite con olio di noci o di mandorle emulsionato nell’acqua.

Anche gli acidi grassi monoinsaturi sono fondamentali e contenuti in larga quantità nell’olio d’oliva. La prevalenza del consumo grassi di origine vegetale (tranne quelli tropicali come quello di palma) e marina tende a potenziare l’attività antiossidante. Aspetto questo assai rilevante per gli sportivi, dato che l’esercizio fisico produce molti radicali liberi ad attività fortemente ossidante. Una dieta con apporto adeguato di grassi si associa al mantenimento dei livelli di testosterone, il principale ormone naturale anabolizzante, che può diminuire nel sovrallenamento.
L’elevato apporto calorico dei grassi deve essere tenuto in conto quando è necessario mantenere un peso ideale, in base alle specifiche esigenze delle varie discipline sportive, pensiamo per esempio al salto in alto e alla pallavolo.
Le diete chetogeniche (il metabolismo dei grassi produce un innalzamento del livello di corpi chetonici acetone, acido acetoacetico e acido β-idrossibutirrico), caratterizzate da ridottissime quantità di CHO e apporto consistente di proteine e grassi, sono state proposte da alcuni ricercatori soprattutto per l’esercizio muscolare prolungato, endurance, ma al momento non sono consigliate dalla maggior parte dei ricercatori e sono tuttora oggetto di studi, approfondimenti e dibattito.

Orari dei pasti e spuntini
Il timing del consumo dei pasti riveste particolare importanza per la performance sportiva, per ricaricare l’organismo di nutrienti energetici e plastici e per il recupero neuro-muscolare. I CHO complessi necessitano di circa quattro ore dopo l’ingestione per la digestione e per ricostituire le riserve di glicogeno nei muscoli e nel fegato e per questo il pasto principale deve precedere di circa cinque o sei ore l’esecuzione della gara o l’allenamento intenso. Per l’attività fisica pomeridiana pertanto la prima colazione riveste un ruolo essenziale.

Alcuni atleti assumono anche un’integrazione glicidica-proteica (circa 50 grammi di CHO e 5-10 grammi di proteine) da un’ora a mezz’ora prima della gara, soprattutto se l’esercizio fisico intenso si protrae nel tempo.
Durante la gara molti atleti professionisti e amatoriali assumono bevande idroelettrolitiche contenenti anche glucosio, soprattutto se la fatica dura per più di 90 minuti. La quantità di glucosio in questi preparati è molto spesso eccessiva, soprattutto se l’allenamento o la gara non sono mantenuti a lungo nel tempo. 

Negli esercizi ad alta intensità (> 75% VO 2 Max) che si protraggono nel tempo sono consigliati intorno a 45 g per ora di CHO, sotto forma di banana o datteri, oppure in polveri disciolte in soluzioni idro-elettrolitiche in piccoli sorsi ogni 10-15 minuti.  Dopo la gara gli atleti assumono spesso un’integrazione di 1g/Kg di CHO e 0.5 g/Kg di proteine e poi consumano un pasto completo riguardo a CHO, proteine e grassi, circa 2 ore dopo.

Rimane essenziale un’alimentazione adeguata e completa nel resto della giornata. Ogni pasto dovrebbe contenere calorie sotto forma di CHO, grassi e proteine contenuti negli alimenti quanto più è possibile naturali, cioè non processati dall’industria alimentare.

 

Vitamine e Minerali: 

Un insufficiente apporto di vitamine, sia quelle che si sciolgono nei grassi (A,D,E,K) che quelle idrosolubili (C e il gruppo B), influisce senza dubbio sulla performance psico-fisica, come dimostrato in sperimentazioni su atleti con livelli bassi di vitamina C e D.
Un’alimentazione varia e ricca di cereali integrali, verdure, ortaggi e frutta fresca è pertanto indicata per tutti gli sportivi. Varie vitamine, fra cui la C e la E in particolare, svolgono una rilevante azione anti-ossidante, particolarmente necessaria per chi svolge attività fisica impegnativa, che
genera danno ossidativo.
La vitamina D, oltre a facilitare l’assorbimento intestinale del calcio e la deposizione nelle ossa, svolge varie altre funzioni essenziali nell’organismo e risulta importante anche per mantenere in equilibrio la funzione immunitaria. Il trattamento o prevenzione della carenza si rende necessario, su prescrizione del medico, per la maggior parte della popolazione in generale, sportivi compresi, soprattutto per chi pratica sport al chiuso in palestra e non all’aria aperta.
Tutto il gruppo delle vitamine B è essenziale nella trasformazione dei principi alimentari in energia.
Anche se un’alimentazione sufficiente e adeguata fornisce le vitamine necessarie, molti atleti assumono integratori polivitaminici per scongiurare il rischio di un apporto insufficiente. E’ comunque importante non esagerare perché livelli eccessivi di vitamine sotto forma di integratori, in particolare quelle liposolubili, come la A, D ed E, presentano tossicità.

Minerali: Sono elementi inorganici indispensabili per le reazioni metaboliche di tutto l’organismo, normalmente riforniti da un’alimentazione varia e ben impostata. Nel corso di esercizio fisico intenso e prolungato avvengono varie alterazioni del ricambio dell’acqua corporea e degli elettroliti principali, sodio, potassio, cloro, calcio e magnesio. E’ essenziale quindi iniziare l’attività fisica in buono stato di idratazione e ripristinare l’equilibrio idro-elettrolitico con l’ingestione di soluzioni di acqua e sali. La reidratazione con sola acqua è sufficiente solo nella pratica sportiva ricreativa e in quella agonistica che non comporta elevato dispendio energetico e consistente sudorazione, ad esempio tiro a volo. Il rischio di un’eccessiva ingestione di acqua è concreto se si esagera, in quanto la riduzione della concentrazione di sodio nel sangue (iponatriemia) può portare a una ridotta efficienza fisica e ad effetti indesiderati anche gravi, come le aritmie. La morte improvvisa negli ultramaratoneti è associata infatti anche a questa alterazione. Nell’attività fisica intensa, soprattutto se prolungata e in ambienti caldi, si rende necessario introdurre all’incirca 2 grammi di sale comune come soluzione reidratante. A parte la reidratazione con soluzioni idro-saline durante e dopo lo sforzo, non sono necessarie integrazioni di minerali a meno che non sussistano specifiche carenze, come ad esempio la reintegrazione del ferro, soprattutto nelle atlete con flussi mestruali abbondanti e per chi perde piccole quantità di sangue, ma in modo costante, a causa delle emorroidi. Alcuni studi evidenziano una migliore performance negli esercizi di endurance con l’ingestione di sodio fosfato. Lo zinco è talvolta utilizzato come supplemento negli atleti che svolgono allenamenti pesanti per prevenire la depressione immunitaria indotta dallo sforzo intenso e prolungato. E’ particolarmente indicato per chi segue un’alimentazione vegana.

 

Acqua:

Lo stato d’idratazione generale si valuta con uno stick urinario che evidenzi il peso specifico dell’urina al risveglio mattutino.
Evitare la disidratazione costituisce l’elemento più importante per prevenire il calo di performance nell’atleta impegnato in attività intense e prolungate. Una perdita di peso da sudorazione del 2% è certamente sufficiente a provocare una ridotta efficienza psico-fisica. Se la diminuzione del peso arriva al 4-5% l’efficienza psico-fisica risulta molto ridotta e si possono rischiare gravi conseguenze, dal colpo di calore fino alla morte.
Il peso corporeo dovrebbe rimanere molto vicino a quello dell’inizio della gara allo scopo di mantenere adeguate performances. L’ingestione di acqua o bevande fresche aiuta inoltre nel mantenimento della termoregolazione durante l’attività fisica.
Per questo è essenziale iniziare una gara o un allenamento intenso in buono stato di idratazione e bere comunque un bicchier d’acqua prima della gara o dell’allenamento.
In media si perdono da 0.5 a 2 litri di sudore per ora nel corso di allenamenti consistenti. Le stesse quantità devono essere reintegrate durante lo sforzo in modo costante mediante acqua e fluidi salini reidratanti, meglio se a piccoli sorsi ogni 10-15 minuti.

Queste quantità variano comunque molto in rapporto a tanti fattori, fra i quali la temperatura ambientale, il peso corporeo, il grado di umidità dell’aria, l’eventuale esposizione al vento e la consistenza e permeabilità della copertura del corpo.

Durante l’allenamento e le gare la produzione di urina si riduce considerevolmente, ma se non c’è per niente necessità di urinare per un po’ di tempo dopo la gara vuol dire che l’idratazione non è stata sufficiente.
L’atleta deve abituarsi a bere spesso senza aspettare lo stimolo della sete, che è spesso tardivo e si riduce comunque con allenamenti intensi e durante le competizioni, particolarmente dopo i 40 anni di età (12).
Alcuni studi evidenziano come l’ingestione di acqua alcalinizzata risulti favorevole per contrastare l’acidosi da esercizio fisico, migliorando al contempo la capacità anaerobica (13).

Le soluzioni reidratanti per sportivi

Qual è la composizione ideale di una soluzione idro-salina reidratante?
Uno studio dimostra che l’acqua oceanica prelevata in profondità possa rappresentare una soluzione ideale reidratante e facilitante l’attività muscolare (14). Questa acqua differisce molto da quella del mare superficiale vicino alla riva e contiene molto meno sodio e cloro.
Il sudore umano contiene all’incirca 50 mmol/L di sodio, 40 mmol/L di cloro, 5.5 mmol/L di potassio, 1 mmol/L di magnesio e 1.2 mmol/L di calcio.
Come già accennato la sola acqua non è più sufficiente dopo un’ora e mezzo di esercizio intenso o dopo la riduzione del peso di più dell’1.5%, allo scopo di mantenere l’idratazione evitando riduzioni di performance e il rischio di crampi muscolari. Il glicerolo sembra aumentare il potere idratante delle soluzioni idro-elettrolitiche (15).

Il mentolo è consigliato da parte di alcuni autori sia per somministrazione topica, in lavaggi, sciacqui per la bocca o come spray, che per ingestione nell’acqua o nei liquidi reidratanti. Gli effetti di piacevole freschezza, particolarmente utili nell’attività fisica praticata in ambienti caldi, si associano secondo alcuni studi anche ad un potenziamento, anche se lieve, della performance (16).
La maggior parte delle soluzioni reidratanti commerciali per lo sport, ampiamente reclamizzate, contiene in un litro di acqua intorno a 25 mmol/L di sodio (575 mg), 12 mmol/L di cloro (425 mg), 4 mmol/L di potassio (155mg), con un’osmolarità totale di circa 330 mOsm/Kg, relativa anche all’aggiunta di glucosio, fruttosio o saccarosio (16). L’osmolarità plasmatica è intorno a 285 mOsm (17). Soluzioni un po’ più concentrate sono proposte per rimineralizzare e reidratare chi prolunga lo sforzo per molte ore.
Alcune soluzioni più adatte alla fase post-esercizio differiscono rispetto a quelle reidratanti per un maggiore contenuto di potassio.
Secondo molti esperti il brodo vegetale poco salato (un cucchiaino scarso di sale grosso per 1 litro), ottenuto con la bollitura prolungata di verdure e ortaggi, anche con le parti che si scartano in cucina, rappresenta una soluzione reidratante perfetta per le esigenze degli sportivi.
Come già accennato nelle soluzioni commerciali sono aggiunti carboidrati, aminoacidi, vitamine, caffeina, integratori vari e sostanze aromatizzanti. La quantità di carboidrati a rapido assorbimento non deve comunque essere eccessiva perché la brusca stimolazione insulinica riduce la lipolisi (scioglimento dei grassi corporei) e quindi l’utilizzo dei grassi a scopo energetico.

Integratori:

Nonostante l’utilizzo di integratori vari da parte degli sportivi sia assai diffuso, non è spesso dimostrata l’efficacia delle varie preparazioni da studi controllati e comunque è certo che niente può sostituire un piano alimentare adeguato e vario che comprenda quotidianamente la varietà e stagionalità degli alimenti vegetali come verdure, ortaggi, legumi e frutta fresca e secca.

Soprattutto chi pratica sport che necessitano di consistenti masse muscolari e potenza esplosiva ricorre spesso ad integratori utilizzati per favorire la sintesi di tessuto muscolare. Non per tutti gli sport comunque si rende necessaria questa integrazione, sia per controllare il peso corporeo che per le specifiche necessità di scioltezza ed elasticità. Il Beta-idrossi-beta butirrato, un metabolita della leucina in quantità di 1.5-3 g al giorno, può favorire la sintesi muscolare senza rilevanti effetti collaterali, come riportato da alcuni studi.
Molto utilizzate le preparazioni in polveri o compresse di proteine del siero di latte e quelle derivate dalla soia o dai piselli, particolarmente ricche di aminoacidi essenziali e ramificati. La creatina monoidrata rappresenta secondo molti esperti l’integratore più efficace per favorire la tolleranza per gli esercizi ad alta intensità e la seguente sintesi muscolare. Da segnalare come effetto non sempre desiderato, l’aumento di peso. La dose è di circa 0.3 g/Kg/dì per una settimana, e, dopo, 3-5 g al giorno per mantenere alti i livelli della sostanza nel sangue e nei muscoli per un mese.

Prove abbastanza convincenti per ottimizzare la performance sono riportate in letteratura anche per la Beta-alanina, la caffeina, la creatina, il bicarbonato e il fosfato di sodio, oltre che per il mantenimento dell’idratazione con soluzioni di acqua e sali con o senza CHO, già considerata. In commercio sono disponibili un gran numero di bibite, barrette energetiche e proteiche, snacks e gel a base di CHO e/o proteine. Per chi pratica sport di tipo ricreativo o amatoriale non sono quasi mai necessari integratori. Comunque per chi non vuole farne a meno è preferibile orientarsi verso prodotti biologici ben bilanciati, con componenti vegetali e privi di sostanze tossiche, da utilizzare soprattutto nelle fasi precedenti e subito dopo le gare e gli allenamenti intensi. Altre sostanze proposte per ottimizzare la performance sportiva godono di prove scientifiche inconsistenti, ridotte o non definitive. Fra queste l’adenosina-5-trifosfata (ATP), l’acido fosfatidico, l’agmatina, un derivato dell’aminoacido arginina, l’alfa-cheto-glutarato, l’arginina stessa, il boro, il cromo, l’acido linoleico coniugato, l’acido d-aspartico, gli ecdysteroni, sostanze ormonali anabolizzanti derivate dagli insetti, l’acido ferulico, gli estratti di fieno greco, la glutamina, i peptidi che liberano il GH, l’ormone della crescita, gli isoflavoni, l’ornitina-alfa-chetoglutarato, i sulfopolisaccaridi inibitori del catabolismo muscolare, il vanadio, il tribulus terrestris e l’aspartato di magnesio o di zinco. Qualsiasi integratore comunque non sostituisce un’alimentazione regolare e bilanciata che comprenda proteine vegetali e animali di alta qualità. Da considerare sempre che le sostanze presenti negli alimenti naturali sono contenute in una matrice protettiva che rende biodisponibili, attivi, sinergici, non tossici e complementari i vari costituenti benefici che non potranno mai essere sostituite dagli integratori. Una mela ad esempio ha effetti molto diversi nell’organismo rispetto alla stessa quantità di zuccheri contenuti nel frutto, forniti però come una polvere da sciogliere in acqua o un gel. Sport, Alterazioni gastriche, Microbiota e “Leaky Gut”. Già accennato come negli sportivi il sistema gastro-intestinale sia sottoposto a possibili effetti indesiderati, particolarmente durante l’allenamento intenso e le competizioni. Sono in gioco i regimi dietetici più o meno forzati o imposti, l’eccesso di proteine di derivazione animale, lo stress collegato agli allenamenti intensi e soprattutto alle gare, gli effetti diretti dell’esercizio fisico sulla digestione degli alimenti e sull’assorbimento dei liquidi, l’azione di depressione dell’immunità innata e l’azione specifica di aumento della permeabilità intestinale indotta dallo sport intenso e mantenuto nel tempo, particolarmente di tipo endurance, (leaky gut, alla lettera “intestino gocciolante”) che causa diarrea e crampi addominali. Per limitare i fastidi del sistema digestivo è particolarmente raccomandata un’alimentazione ricca di vegetali, che contengono fattori prebiotici, come le fibre insolubili dei cereali integrali e quelle solubili della frutta e dell’avena, allo scopo di mantenere sano e vario il microbiota intestinale, cioè l’insieme di batteri che popolano l’intestino umano e che svolgono in modo diretto e indiretto moltissime funzioni di regolazione metabolica e immunitaria con ripercussioni assai rilevanti sul benessere e l’efficienza psico-fisica dell’intero organismo. Il microbiota risente dell’età, della genetica, degli stili di vita compreso lo stress, in modo assai rilevante della dieta, di varie patologie e della massa corporea (BMI, body mass index). L’attività fisica influisce direttamente sulla composizione del microbiota e differenti discipline sportive esercitano effetti differenti. L’importanza del microbiota intestinale per la salute e l’efficienza dello sportivo si evince anche dal fatto che il trapianto di feci (capsule contenenti batteri vivi prelevati dalle feci di altri individui) è considerato doping perché incrementa alcune specie batteriche particolarmente favorevoli (ad esempio la Prevotella nei ciclisti). Una dieta ricca di vegetali integrali e biologici si rivela così vincente per chi pratica sport sia per l’apporto consistente di nutrienti e fattori protettivi che per il mantenimento dell’equilibrio intestinale, messo a rischio proprio dall’attività fisica intensa. Anche i probiotici possono svolgere una funzione benefica per chi è impegnato nell’esercizio fisico (18). Per probiotico s’intende un preparato di microrganismi vivi che apportano dei benefici per chi lo assume. I benefici riguardano il mantenimento o ripristino della qualità e biodiversità del microbiota. L’esercizio fisico altera già in senso protettivo la composizione del microbiota in termini di specie batteriche con effetti favorevoli (18). I probiotici sono indicati per chi fa sport anche per attivare il sistema immunitario intestinale che esercita effetti potenti nell’organismo allo scopo di contrastare il possibile effetto deprimente l’immunità dell’esercizio fisico intenso e protratto, riducendo così la disbiosi e il rischio di infezioni (18). In commercio ci sono tantissimi tipi di probiotici in varie formulazioni. I probiotici migliori sono quelli naturali e vitali presenti nello yogurt e ancora di più nel kefir fatti in casa. I probiotici inoltre svolgono al meglio la loro funzione di ripopolamento di specie batteriche favorevoli se la dieta è ricca di prebiotici, cioè delle fibre presenti negli alimenti vegetali. La diarrea, frequentemente riportata da tanti atleti professionisti e anche amatoriali, spesso prima della gara, trova proprio nello stress e nella disbiosi, cioè l’alterazione del microbiota con attività di specie batteriche nocive, il meccanismo scatenante, che può risentire della dieta sana ricca proprio di fibre e di probiotici (18). Le ricerche dimostrano possibili effetti positivi dei probiotici associati ai prebiotici alimentari, soprattutto contenuti nei cereali integrali, legumi, ortaggi, verdure e frutta, anche sul piano metabolico e ormonale, nonché sull’umore e sull’attività mentale. L’atleta vegetariano e vegano Molti atleti professionisti con eccellenti risultati seguono un regime alimentare vegetariano e anche vegano. Non risulta in generale una performance ridotta da parte di chi segue una dieta vegetariana che comprenda uova e latticini e in alcuni casi anche il pesce (dieta pescevegetariana) (19). Anche chi segue una dieta solo vegetale, senza prodotti animali, sembra che possa competere senza problemi con gli atleti onnivori, ma sono quasi sempre necessari degli integratori (20). Alcuni studi evidenziano un rischio superiore alla media generale per gli atleti onnivori impegnati in endurance di sviluppare placche nelle arterie e danno al cuore (20). Le sostanze vegetali cardioprotettive e antiossidanti agiscono contrastando lo stress ossidativo da sforzo, sulla pressione arteriosa, mediante la riduzione della rigidità vascolare, abbassandone così i valori sia a riposo che sotto sforzo e sulla salute endoteliale (il rivestimento interno dei vasi sanguigni), riducendo così il rischio di sviluppo delle placche grasse arteriose responsabili di infarti e ictus. In questo senso una dieta ricca di verdure, ortaggi, frutta, legumi e cereali integrali esercita un effetto indubbiamente protettivo e, con una quota consistente di carboidrati complessi, rifornisce i muscoli di scorte consistenti di zuccheri. Alcuni studi evidenziano che un a dieta vegetariana possa prolungare la durata della vita competitiva, assicurando allo stesso tempo anche la salute, oltre alla prestazione immediata degli atleti professionisti e amatoriali. Non ci sono dati sicuri in letteratura riguardo agli effetti sulla performance della dieta strettamente vegana (21) e molti esperti consigliano l’integrazione di alcuni minerali, come zinco e ferro soprattutto per le atlete in età fertile dato che il ferro degli alimenti animali è più facilmente assorbito (21). La supplementazione con vitamina B12 è consigliata per gli atleti vegani da tutti i nutrizionisti dello sport, considerato che solo gli alimenti di origine animale la contengono in quantità sufficiente. Un controllo dei livelli plasmatici è consigliato anche per quanto riguarda la vitamina D, in modo da reintegrarla se, come spesso accade, risulta insufficiente. E’ consigliata spesso anche l’integrazione con acidi grassi essenziali, DHA e EPA e con Sali di zinco. Anche per quanto riguarda la taurina è consigliata l’integrazione per gli atleti ad alto livello (21).

Riferimenti bibliografici

8. Chad M. Kerksick et al. ISSN exercise & sports nutrition review update: research & recommendations. Journal
of the International Society of Sports Nutrition (2018) 15:38

9. Javier Zaragoza et al. Effects of acute caffeine, theanine and tyrosine supplementation on mental and
physical performance in athletes. Journal of the International Society of Sports Nutrition volume 16,
Article number: 56 (2019)

10. Joy JM, et al. The effects of 8 weeks of whey or rice protein supplementation on body composition and
exercise performance.
Nutr J. 2013;12:86.

11. Babault N et al. Pea proteins oral supplementation promotes muscle thickness gains during resistance
training: a double-blind, randomized, placebo- controlled clinical trial vs. whey protein. J Int Soc Sports Nutr.
2015;12(1):3.

12. Brendon P. McDermott et al. National Athletic Trainers’ Association Position Statement: Fluid Replacement for the Physically Active. Journal of Athletic Training 2017;52(9):877–895

13. Jakub Chycki et al. Alkaline water improves exercise-induced metabolic acidosis and enhances anaerobic
exercise performance in combat sport athletes. PLOS ONE | https://doi.org/10.1371/journal.pone.0205708
November 19, 2018

14. Preston R. Harris et al. Fluid type influences acute hydration and muscle performance recovery in human
Subjects. Harris et al. Journal of the International Society of Sports Nutrition (2019) 16:15

15. Simon Piet van Rosendal et al. Guidelines for glycerol use in hyperhydration and rehydration associated with
exercise. Sports Med 2010 Feb 1; 40(2): 113-29

16. Owen Jeffries et al. The effects of menthol on exercise performance and thermal sensation: A meta-analysis.
J Sci Med Sport 2019 Jun;22(6):707-715

17. Lindsay B. Baker. Et al. Optimal Composition of Fluid-Replacement Beverages. Compr Physiol 4:575-620,
2014

18. Ralf Jäger et al. International Society of Sports Nutrition Position Stand: Probiotics. Journal of the
International Society of Sports Nutrition (2019) 16:62 .

19. Joel C. Craddock et al. Vegetarian and Omnivorous Nutrition— Comparing Physical Performance.
International Journal of Sport Nutrition and Exercise Metabolism, 2016, 26, 212-220

20. Neal D. Barnard et al. Plant-Based Diets for Cardiovascular Safety and Performance in Endurance Sports.
Nutrients 2019, 11, 130; doi:10.3390/nu11010130

21. FUHRMAN, J. and D.M. FERRERI. Fueling the Vegetarian (Vegan) Athlete. Curr. Sports Med. Rep., Vol. 9, No. 4,
pp. 233Y241, 2010

22. Raúl Domínguez et al. Effects of Beetroot Juice Supplementation on Cardiorespiratory Endurance in Athletes.
A Systematic Review. Nutrients 2017, 9, 43; doi:10.3390/nu901003

Armando Sarti, Medico

Fa che il cibo sia la tua medicina e la medicina il tuo cibo

Fa che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo

L’uomo al centro

Il vero medico è quello che ognuno ha dentro di sé : “il potere di auto guarigione “.

Noi medici abbiamo successo quando diamo a quel potere la possibilità di fare il suo lavoro”

Dott . Albert Schweitzer

Non tanto tempo fa quando il medico veniva chiamato, si aveva la sensazione che arrivasse un caro amico che condivideva con noi gioie e dolori, visitare il malato a casa, fatto ormai inusuale ,era la cosa più importante .

Sembrava avere tempo per tutti, si sedeva, accettava qualcosa da bere scambiava chiacchiere sulla vita quotidiana si informava su come stavano gli altri componenti della famiglia, soprattutto infondeva quiete e stabilità e dava consigli sull’alimentazione come capo saldo della terapia . 

Il presente, questo momento così importante da vivere!

Chiunque lavori con gli altri , per quanto pressanti siano i suoi impegni, deve lavorare assolutamente sulla presenza mentale di adesso.

Thich Nhat Hanh asserisce ”solo il presente è vita e contiene l’eternità”. 

Quindi ci esorta a trovare gioia e pace nel presente, altrimenti il futuro ci sfuggirà tra le dita. 

 E ancora ricorda ”c’è un unico momento importante: questo. La persona più importante è quella con cui siamo ora, quella che ci sta di fronte ” 

Figuriamoci se è un nostro paziente che ci ha interpellati per un suo squilibrio o disagio.

Perché la malattia va interpretata proprio così: una disarmonia e disagio .

Ippocrate Recitava: FA CHE IL CIBO SIA LA TUA MEDICINA E CHE LA MEDICINA SIA IL TUO CIBO”

 

Il cibo, oltre che piacere e socializzazione è nutrimento e cura.  

Una dieta può diventare depurativa, disintossicante, dimagrante, tonificante o tutte queste cose insieme.
Risvegliarsi al potere del cibo e al potere che ognuno di noi ogni giorno ha di curare o fare ammalare il nostro organismo è molto importante. 

Troppe volte non consideriamo alcuni sintomi che all’inizio possono essere sfumati ma che sono sintomatici di intossicazione.  

Per esempio la stanchezza, la malinconia, il gonfiore addominale, irritabilità e la mancanza di concentrazione, arrivando poi al sovrappeso e all’obesità, al colesterolo e al diabete.

Tutte queste sono manifestazioni di una dieta non appropriata in quel momento, per il nostro stile di vita, o per la nostra età.

Il nostro organismo ha bisogno di avere una dieta specifica per stare al meglio, in equilibrio psicofisico, in particolare gli organi come reni fegato e intestino sono i primi ad avere bisogno di depurarsi, ed esistono tantissimi consigli alimentari per età e patologie.

L’UOMO MODERNO tratta il suo corpo in maniera uguale durante tutte le stagioni, spesso ha la stessa dieta durante tutto l’anno.

L’alternarsi delle stagioni ha il suo scopo fondamentale per tutti i nostri organi interni, se al cambiamento esterno della natura armonizziamo il cambiamento psicofisico del nostro organismo, attingendo al nutrimento che madre natura può darci in ogni stagione, sicuramente faremo un buon servizio al nostro corpo e una buona prevenzione .

REGOLE DEI BIORITMI STAGIONALI:

PRIMAVERA: Risveglio della vita.

Consumare cibi dal sapore dolce facilmente digeribili e carboidrati tipo: riso cereali pasta pomodori pesce.

ESTATE: Apice dell’energia vitale.

Consentiti cibi piccanti poca carne – evitare quella rossa, sconsigliati cibi freddi perché danneggiano il cuore. Verdure e frutta a volontà pesce e carne bianca.

AUTUNNO: preparazione dell’organismo ad affrontare i rigori invernali.

Consumare i cibi aspri o asprigni: insalata con aceto preferibilmente di mele, agrumi – kiwi, sconsigliati i cibi troppo speziati (tipo peperoncino) o molto saporiti. 

Importante depurare in autunno l’organismo.

INVERNO: integrare legumi zuppe ,proteine tipo pesce, dolci il meno possibile. 

 L’inverno richiede una dieta più proteica e ristrutturante.

Cibi scaldanti cotture più lunghe verdure stufate cotte al vapore.

Ristabilire o mantenere l’armonia del corpo in medicina significa riattivare il sistema di auto-guarigione, ogni essere umano ne è capace perché una sana alimentazione rafforza il sistema immunitario e rilassa il sistema nervoso centrale e periferico.

 

Letizia Livi, Dottoressa

Protocollo di intesa con Qualità & Servizi

Protocollo di Intesa con Qualità e Servizi SPA

La Fondazione Est Ovest ONLUS e Qualità & Servizi spa hanno stretto un Protocollo di Intesa per promuovere la sostenibilità ambientale, la salute del pianeta e il nostro benessere!

La Fondazione Est Ovest ONLUS e Qualità & Servizi spa hanno stretto un Protocollo di Intesa per promuovere la sostenibilità ambientale, la salute del pianeta e il nostro benessere!

La Fondazione Est Ovest promuove uno stile di vita sostenibile, mentre Qualità & Servizi produce pasti scolastici sani ed ecologici.

Entrambe le realtà, pur diverse nella loro missione, condividono la passione per la sostenibilità e il rispetto del territorio agricolo locale e per questo lavoreranno insieme per promuovere un modello basato sull’agroecologia e sulle energie rinnovabili per migliorare la salute della persona e del pianeta.

Fondazione Est Ovest e Qualità & Servizi Azienda Benefit collaboreranno su questi temi per la formazione, la ricerca e la promozione di progetti condivisi. Il primo passo sarà la creazione di un percorso formativo di alta qualità, coinvolgente e pratico rivolto a insegnanti, studenti, cuochi e professionisti del settore alimentare.

Durante la formazione, organizzeremo eventi pubblici con esperti, laboratori, degustazioni ed esperienze culinarie creative basate sulla freschezza e sull’integrità degli ingredienti.

Le competenze acquisite saranno messe a disposizione di enti pubblici e privati per diffondere la cultura della sostenibilità nella filiera alimentare e nel nostro comportamento alimentare.
È un passo importante verso un mondo migliore, e siamo entusiasti di condividerlo con voi!

Grazie per essere al nostro fianco in questo viaggio verso un futuro più sostenibile. Siamo pronti a fare la differenza insieme!

 

Rossella Bartolozzi, Presidente della Fondazione Est Ovest

Filippo Fossati, Amministratore unico di Qualità & Servizi SPA

Sport e Alimentazione | Prima parte

SPORT e ALIMENTAZIONE

(prima parte)

Note di Alimentazione Biologica e prevalentemente Vegetariana per Sportivi

“dalla singola prestazione al prendersi cura dell’atleta”

Armando Sarti

Introduzione

Un’alimentazione bilanciata è importante per far fronte alle esigenze per chi pratica sport, sia a livello agonistico che amatoriale. La pratica di ogni tipo di sport presenta necessità peculiari di nutrienti, differenziate per le fasi di allenamento, gara e recupero, sia per quanto riguarda l’apporto calorico e proteico che per quanto riguarda i micronutrienti e l’idratazione.

La performance generale dell’atleta si basa su una perfetta composizione corporea, sullo stato di idratazione, sull’equilibrio endocrino-metabolico con adeguate riserve di zucchero (glicogeno) nei muscoli e nel fegato e su uno stato mentale di benessere e controllo dell’ansia da prestazione.

La salute e la durata della vita competitiva dell’atleta professionista sono fortemente influenzate da un’adeguata nutrizione bilanciata nei macronutrienti (carboidrati, grassi e proteine) e ricca di sostanze benefiche protettive, abbondantemente presenti negli alimenti di origine vegetale.

La biologia molecolare permetterà sempre di più la personalizzazione della dieta dell’atleta in base alle proprie caratteristiche psico-fisiche (nutrigenetica e nutrigenomica), ai propri gusti e preferenze, allo stile di vita (epigenetica) e alle specifiche esigenze di ogni disciplina sportiva nelle varie fasi di allenamento, gara e recupero.

Alimenti biologici, perché?

La produzione biologica del cibo è più che una scelta personale salutare, che va ben al di là della pur rilevante riduzione dell’ingestione di un gran numero di sostanze chimiche tossiche e nocive e del consumo di alimenti gustosi più ricchi di sostanze benefiche.

E’una filosofia di vita, una visione, la speranza e la pratica di rinnovamento del mondo in cui viviamo, della fertilità naturale e rigenerativa del suolo all’origine del cibo che consumiamo, dell’abbandono dell’agricoltura di poche specie vegetali, spesso OGM, su larga scala per l’allevamento intensivo, che si riflette poi sulla sostenibilità dell’ambiente, sulla qualità della vita degli umani e degli animali, sul cambiamento climatico e sulla salute del pianeta nel suo insieme.

Quanto segue si riferisce alle necessità di atleti amatoriali o semi-professionisti, in quanto ai massimi livelli competitivi ogni atleta segue un regime alimentare e di idratazione altamente specifico in base al tipo di sport e personalizzato.

 

Sport e Longevità

 

Lo sport fa bene? In termini generali non c’è dubbio che praticare uno sport ricreativo e mantenere uno stile di vita attivo sia associato ad un rischio minore di contrarre le tipiche malattie del XXI° secolo, come il diabete, l’obesità, l’ictus e l’infarto, il cancro, l’artrosi invalidante, il decadimento cognitivo e la morte prematura.

Per quanto riguarda lo sport agonistico, caratterizzato dalla ricerca della performance ottimale più o meno duratura nella vita dell’atleta, ci sono dati nella letteratura scientifica contrastanti.

In generale prevalgono le segnalazioni di una maggiore longevità fra gli atleti professionisti, come i ciclisti (1,2), ma altri studi rilevano che non è sempre così (3) e l’intensa attività agonistica, principalmente quella di endurance, può associarsi a specifici rischi cardiovascolari, come ad esempio l’insorgenza di fibrillazione atriale (4).

Il dato è confermato da un altro studio che evidenzia che l’esercizio fisico estenuante non è favorevole per la salute e che l’attività fisica moderata, non troppo forzata, rappresenta l’ideale per la longevità (5).

In effetti gli atleti che praticano sport endurance possono presentare un rischio maggiore di sviluppare placche aterosclerotiche nelle arterie (6).

Da considerare anche le probabilità di ripetuti traumatismi che possono portare ad artrosi precoci che necessitano di trattamenti e protesi. Sono molto pericolosi soprattutto i traumi cranici ripetuti, caratteristici di tutti gli sport di contatto, dal calcio al rugby e a tutte le discipline di scontro fisico, come il pugilato e le arti marziali.

Inoltre l’esercizio fisico intenso e protratto sembra poter predisporre a un aumento dell’incidenza di malattie infettive, a causa di un’alterazione della funzione immunitaria, particolarmente compromessa nel sovrallenamento (7).

Risulta pertanto fondamentale, per l’atleta che svolge correntemente attività agonistica, assicurare corrette pratiche di allenamento e adeguati periodi di riposo e recupero metabolico e neuro-muscolare, oltre a garantirsi un’alimentazione ottimale che permetta di fronteggiare lo stress e la consistente produzione di fattori tossici e ossidanti, come i radicali liberi, tipici dell’esercizio fisico intenso e protratto.

Cenni di Storia di Alimentazione nello Sport

 

E’ noto che gli atleti della Grecia antica seguivano un’alimentazione a base di cereali, fichi secchi e formaggi molli. Non manca neanche chi proponeva il consumo di carne, ma Galeno ammoniva gli atleti nel 180 d.C. a “non ingozzarsi di carne e sangue”.

Gli Spartani, che potremmo considerare veri e propri atleti di arti marziali, seguivano regimi dietetici molto frugali, prevalentemente vegetariani.

Anche i gladiatori di Roma si nutrivano in larga prevalenza di orzo e legumi, cipolle, cavoli e aglio, come dimostrato da studi eseguiti dopo i ritrovamenti dei resti di decine di combattenti a Efeso, in Turchia. Nelle ossa di questi soggetti risulta infatti alta la percentuale di stronzio, prevalente nell’alimentazione proteica vegetale e bassa quella di zinco che invece è ben rappresentato nelle proteine di origine animale.

Il regime alimentare molto strettamente regolamentato dei Cavalieri Templari del Medioevo è spesso ricordato per evidenziare i vantaggi dell’alimentazione prevalentemente vegetariana, arricchita con il pesce. La longevità dei Templari risulta infatti molto maggiore e quasi raddoppiata rispetto a quella della popolazione ricca e cavalleresca del tempo, dello stesso livello socio-economico, impegnata nei tornei e nella caccia, che consumava quantità consistenti di carne.

Nel corso del IX° secolo si alternano varie proposte ricche di proteine o di zuccheri per gli atleti, mentre all’inizio del XX° secolo prevale il modello americano della bistecca (la dieta dei Marines), come alimento ideale per gli sportivi.

Nel corso della seconda metà del secolo scorso si rivaluta la dieta mediterranea ricca di carboidrati per rifornire i muscoli di riserve di glucosio da parte di ricercatori italiani e scandinavi (schema Bersgtrom). E nel 1976 a Montreal, nel corso delle Olimpiadi, un cuoco italiano è invitato per cucinare la pasta per tutti gli atleti del villaggio olimpico. La stessa cosa avviene poi nel 1998 nel corso delle Olimpiadi invernali in Giappone.

La conferma si ha con la dichiarazione scientifica “Healthy Pasta Meals” firmata da un comitato di numerosissimi studiosi di alimentazione nello sport, che raccomanda un apporto consistente di carboidrati sotto forma di pasta per tutti gli atleti.

Attualmente quasi tutti i regimi dietetici consigliati agli sportivi comprendono sempre un adeguato apporto di carboidrati complessi (pasta, pane, riso, mais e altri cereali o pseudocereali in chicchi) e molti atleti ai massimi livelli seguono diete sia vegetariane che vegane.

Il caldo si combatte anche a tavola!

Il caldo si combatte anche a tavola!

di Armando Sarti

L’organismo umano ha sistemi di termoregolazione molto efficienti. Al giorno d’oggi però sembra che non si riesca più a sopportare né il caldo intenso né il freddo pungente. La refrigerazione dell’aria, così come il riscaldamento degli ambienti, pone seri problemi di inquinamento dell’aria e sostenibilità ambientale. Per questo è necessario utilizzare il condizionamento della temperatura ambientale, se proprio non se ne può fare a meno, con molta parsimonia.

Un contributo importante per tollerare meglio la calura estiva è rappresentato dalla giusta alimentazione, seguendo alcuni semplici consigli.

  • Mangiare di meno, cioè assumere meno calorie riducendo le porzioni ad ogni pasto. Anche la riduzione delle quantità di 1/4 o 1/3 rispetto agli abituali consumi produce un risultato significativo. Da evitare del tutto le abbuffate di carni, salumi e formaggi stagionati sotto forma di grigliate o fritture. Privilegiare il pesce azzurro cucinato semplicemente, insaporito con prezzemolo e limone ed eventualmente le carni bianche (pollo o tacchino). Un solo piatto a pranzo e cena, un primo o un secondo, con verdure abbondanti è l’ideale.
 
  • Non consumare cibi caldi o riscaldati. Meglio le pietanze crude, sotto forma di insalate da tenere in frigorifero e consumare poi dopo qualche minuto. Anche minestre, consumate fredde, di verdure di stagione (peperoni, radicchio, zucchine, melanzane). Mantenere l’acqua e le bevande fredde, aggiungendo eventualmente cubetti di ghiaccio per evitare il riscaldamento progressivo causato dall’ambiente.
  • Privilegiare verdure crude in insalate o appena scottate e lasciate raffreddare e frutta di stagione, evitando fritti, sughi e piatti elaborati ottenuti da cotture prolungate con largo utilizzo di grassi. L’olio extravergine d’oliva rappresenta il grasso migliore da utilizzare a crudo per favorire la digeribilità. Più la digestione è facile e pronta meglio funzionano i meccanismi di termoregolazione.
  • Bere di più. Difficile dire quanto di più dato che dipende dalla sudorazione e altri molteplici fattori, comunque di più di quanto siamo abituati a bere. Acqua, infusi e tisane fredde, ma non ghiacciati. Non consumare bibite zuccherate. Fare a meno anche dei liquori, superalcolici e amari. Per avere dell’adeguatezza dell’idratazione è sufficiente controllare il colore della propria urina. Deve risultare acquosa, o di colore chiaro, non carico. Prima, durante e dopo l’attività fisica è bene bere spesso a piccoli sorsi. anche se non si avverte il bisogno.
  • Evitare o ridurre l’apporto di alcol, solo un mezzo bicchiere di vino ai pasti principali.
  • Non eccedere con il caffè, al massimo una tazzina a colazione e una dopo pranzo.
  • Alcuni alimenti risultano particolarmente favorevoli per combattere il caldo. Sono i vegetali ricchi di antiossidanti, vitamine, acqua e sali minerali, come il potassio e il magnesio. Fra questi i cetrioli, le zucchine, la lattuga, i pomodori, il sedano e le carote. La menta utilizzata in foglie fresche per insaporire le pietanze o nelle infusioni a freddo ha attività rinfrescante. Fra i frutti sono particolarmente indicati l’anguria, il melone e le pesche, da consumare dopo refrigerazione.

Armando Sarti, Medico

già direttore, Dipartimento d’Emergenza e Terapia Intensiva Azienda Sanitaria di Firenze

Gastronomia sostenibile

Gastronomia Sostenibile

di Armando Sarti

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 21 dicembre 2016 (risoluzione A/RES/71/246) ha proclamato il 18 Giugno di ogni anno “La Giornata Mondiale della Gastronomia Sostenibile”.  La gastronomia rappresenta il complesso delle conoscenze, delle regole, della pratica e delle usanze relative alla preparazione dei cibi, in una parola la cultura e l’arte della cucina. La gastronomia ha un ruolo essenziale non solo nella preparazione del cibo, ma anche nell’orientamento della produzione, l’utilizzo e il possibile spreco delle derrate alimentari.

La gastronomia vera non va certo intesa solo come quel mondo patinato abitato da chef miliardari o come quella dei tanti concorsi televisivi per cuochi veri o presunti, costantemente offerti in televisione, capaci solo di spettacolizzare le aspettative, i successi e i fallimenti dei vari aspiranti.

Il mondo dell’alimentazione è sempre stato ed è sempre di più un tema che, al di là degli effetti fondamentali sulla salute, rappresenta un elemento assai rilevante della cultura, dell’economia e della sostenibilità dell’ambiente in cui viviamo.

La giornata della “gastronomia sostenibile” pone l’accento proprio sull’uso delle risorse e su tutti quegli aspetti della produzione, scelta, preparazione e offerta del cibo che hanno ripercussioni rilevanti di sostenibilità riguardo l’inquinamento dell’aria, delle acque e del suolo e il cambiamento climatico in atto.

Questo impegno per la sostenibilità implica una completa revisione e un cambio di rotta della strategia alimentare mondiale da tempo dominata dalle logiche di profitto delle multinazionali del cibo industriale a scapito del benessere dell’umanità e del pianeta intero. Questa scellerata azione di sfruttamento delle risorse alimentari ha portato ad una vera e propria predazione e devastazione dell’ambiente per produrre sempre di più a basso costo cibo scadente e tossico che non mina solo la salute umana, ma riduce gli spazi verdi vitali e rigenerativi con conseguenze catastrofiche sulla modificazione del clima in tutto il mondo.

Per fortuna tante persone in tutto il mondo sono stanche di sottostare a questa dittatura alimentare che fa ammalare gli umani e rovina l’ambiente. A causa della martellante attività di marketing e pubblicità ad ogni livello, però, la maggior parte degli abitanti del pianeta è condizionata e forzata a ricorrere al cibo spazzatura, ampiamente esposto nei supermercati, che è alla base delle malattie croniche del XXI° secolo e crea dipendenza e assuefazione.

Questa realtà compromette sempre di più la produzione tradizionale, varia e stagionale del cibo sano, a scapito di tanti produttori locali che non riescono a reggere la concorrenza sleale del cibo industriale. Le conseguenze sono molto pesanti anche in termini di biodiversità, dato che ormai le multinazionali agro-alimentari producono su larga scala un numero assai limitato di coltivazioni, spesso geneticamente modificate, soprattutto mais e soia, utilizzate soprattutto per l’allevamento animale forzato e intensivo, ricorrendo necessariamente a costanti concimazioni chimiche, trattamenti antiparassitari e conservanti di ogni tipo che rendono il suolo sempre meno fertile e il cibo sempre più tossico.

Mangiare è sempre più un atto politico e può influire sull’intero sistema produttivo ed economico a livello globale

Si tratta di scegliere bene cosa mettere o non mettere in bocca e questa scelta è alla portata di ognuno di noi, anche se non in tutti i paesi del mondo. E’ un potere, quello della bocca, che almeno nei paesi cosiddetti sviluppati, ogni individuo può esercitare con consapevolezza e attenzione e può rivelarsi cruciale per attuare il cambiamento, se attuato da un numero crescente di persone.

E’ evidente che la giornata della gastronomia sostenibile indetta dalle Nazioni Unite chiama in causa con forza le istituzioni e vuole sensibilizzare gli enti, di ogni tipo e ad ogni livello, per favorire la produzione, la preparazione e il consumo di cibo vero, gustoso e salutare per gli umani e per il mondo intero. Sono indispensabili campagne informative di educazione e consapevolezza alimentare da parte dei sistemi sanitari nazionali e locali, delle scuole di ogni grado e degli enti senza fini di lucro di promozione della salute e di sostenibilità dell’ambiente. Ma è necessario che anche ognuno di noi faccia la propria parte. Nessuno può ritenersi non interessato, anche perché la salute individuale e quella generale del pianeta sono sempre più interconnesse e interdipendenti.

Alcune azioni concrete per la sostenibilità alimentare possono risultare molto efficaci se messe in atto da tanta gente. Sono azioni che peraltro risultano del tutto favorevoli per la salute.

Ad esempio:

  • Evitare accuratamente ogni spreco di cibo e acqua, anche riutilizzando l’acqua di cottura dei vegetali.
  • Acquistare il più possibile cibo fresco sfuso, evitando le vaschette, la plastica e gli imballaggi, in primo luogo quelli non riciclabili nell’organico.
  • Evitare l’uso di piatti, bicchieri e stoviglie di plastica e utilizzare con parsimonia energia pulita, preferibilmente elettrica, per cuocere il cibo.
  • Lavare le stoviglie con il minimo necessario di sapone biodegradabile.
  • Non versare negli scarichi gli oli di frittura non riutilizzabili, ma fare riferimento allo smaltimento regolato dalle aziende incaricate secondo le normative locali.
  • Smaltire i rifiuti alimentari e ogni tipo di imballaggio secondo le norme stabilite dagli enti locali, seguendo le direttive in modo attento e scrupoloso.
  • Riutilizzare gli eventuali avanzi di pane e altro cibo facendo riferimento alle tante ricette sane e gustose di riciclo della gastronomia tradizionale.
  • Acquistare di norma solo il cibo che sarà consumato in breve tempo.
  • Evitare accuratamente di conservare quantità consistenti di riserve alimentari dato che invariabilmente parte del cibo potrà deteriorarsi o arrivare a scadenza d’uso.
  • Mangiare di meno, privilegiando la freschezza e la qualità. Il cibo vero non può costare troppo poco. Quello che si pensa di risparmiare sarà poi pagato con gli interessi per visite mediche e medicine, oltre che per il danno consistente procurato all’ambiente.
  • Selezionare il cibo biologico (certificato o di fatto) e stagionale, il più possibile di produzione locale, anche da parte di piccoli produttori e rivenditori di fiducia, acquistando presso i mercati rionali o per mezzo dei gruppi di acquisto.
  • Evitare il più possibile l’acquisto di prodotti industriali, come merendine, snacks, dolciumi e pietanze già pronte in vaschette, buste e contenitori plastici.
  • Evitare di norma il cibo esotico, che necessita di lunghi viaggi di trasporto da altre parti del mondo.
  • Leggere sempre le etichette alimentari ed evitare quei prodotti processati che riportano un numero elevato di ingredienti.
  • Privilegiare uno stile alimentare senza eccessi di quantità, vegetariano e biologico, di tipo mediterraneo, a base di cereali integrali, legumi, ortaggi, verdure e frutta fresca e secca a guscio.
  • Ridurre drasticamente il consumo di carne, evitando il più possibile quella conservata e salata, privilegiando quella bianca, da animali allevati all’aperto senza l’utilizzo di farmaci (antibiotici, ormoni). I legumi e la frutta secca dovrebbero rappresentare la fonte principale di proteine.
  • Ridurre il consumo di latticini, privilegiando quelli biologici derivanti da piccoli allevamenti.
  • Consumare uova provenienti da allevamenti biologici che garantiscano spazi aperti alle galline (il primo numero stampato per legge su ogni uovo in vendita in Italia deve essere in questo caso “0”).
  • Consumare uno o due volte a settimana preferibilmente il pesce azzurro locale sostenibile (acciughe, sardine, sarde, sgombri, aringhe) e più raramente altri tipi di pesce, limitando l’utilizzo di tonno e pesce spada.
  • Utilizzare l’olio extravergine d’oliva e altri oli vegetali come grasso preferenziale sia per condire che in cottura.

Si tratta di ritornare ad una gastronomia che privilegiando il cibo vero, piacevole e salutare faccia i conti con la sostenibilità alimentare, senza rinunciare al piacere della tavola, ma con la consapevolezza di quanto le nostre scelte influiscano sul mondo in cui viviamo nell’interesse di tutti i viventi del pianeta, della qualità dell’aria, delle acque e del suolo. La biodiversità è una ricchezza che non può essere trascurata. Non si può aspettare che la politica organizzata e le istituzioni nazionali e internazionali prendano atto delle scelte necessarie e agiscano di conseguenza. Non c’è più tempo. Ognuno di noi ha precise responsabilità e deve essere parte del cambiamento.

Feuerbach ci dice che siamo quello che mangiamo. Potremmo aggiungere che anche l’ambiente in cui viviamo è anche, sempre di più, il risultato di quello che mangiamo. Si tratta niente di meno che garantire un futuro anche ai nostri figli e alle generazioni che verranno.

Dobbiamo sempre essere consapevoli e ricordare che le foreste,  i boschi, i campi, i fiumi, il mare e tutto l’ambiente naturale in questa Terra, ereditato a suo tempo dai nostri genitori, lo abbiamo in prestito dai nostri figli.

Armando Sarti, Medico

Sicurezza alimentare

Sicurezza alimentare

di Armando Sarti

Il 7 Giugno è stata celebrata la giornata mondiale della sicurezza alimentare con tutta una serie di eventi, convegni e dichiarazioni per sensibilizzare l’attenzione per la sicurezza degli alimenti e delle bevande che quotidianamente mettiamo in bocca. La Giornata mondiale della sicurezza alimentare (World Food Safety Day) è stata proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per mantenere alta l’attenzione sul tema della salubrità degli alimenti e dell’ambiente. Lo slogan di quest’anno è: “Cibo sicuro ora per un domani sano”.

Le malattie di origine alimentare non sono in genere visibili all’occhio umano.  Sono causate da batteri, virus, parassiti o sostanze chimiche che entrano nel corpo attraverso il cibo, l’acqua e le bevande contaminati. Migliorare la sicurezza alimentare vuol dire quindi migliorare il benessere delle persone e la loro aspettativa di vita in salute. 

La FAO stima che ogni anno si verificano 600 milioni di casi di malattie di origine alimentare che colpiscono soprattutto le persone più vulnerabili, in particolare donne e bambini, le popolazioni che si trovano al centro di conflitti, in difficoltà economica e i migranti. Circa 420.000 persone in tutto il mondo muoiono ogni anno dopo aver ingerito cibo contaminato, ma sono soprattutto i bambini sotto i 5 anni di età i più colpiti: 125.000 decessi ogni anno, ovvero il 40% del totale.

In Italia i NAS effettuano costantemente controlli regolari e a campione sulle derrate alimentari. Ci sono limiti definiti di legge per quanto riguarda i contaminanti più diffusi utilizzati nei campi e nella preparazione e conservazione del cibo, ma nessuno conosce l’effetto cumulativo sulla salute dell’insieme delle tantissime sostanze chimiche utilizzate in tutta la filiera produttiva.

Il cibo etichettato come biologico è controllato e analizzato dal campo fino alla distribuzione in modo capillare e accurato per ottenere la certificazione specifica e offre garanzie molto più convincenti per la sicurezza alimentare.

La tematica della sicurezza alimentare non riguarda solo il rischio infettivo o l’intossicazione acuta da contaminanti che provocano danni immediati alla salute, soprattutto nelle aree del mondo a basso tenore economico.

L’alimentazione riguarda tutti, in ogni parte del mondo ed è sempre più cruciale per il benessere individuale e collettivo. L’evento richiama formalmente tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite a inserire la sicurezza alimentare nell’agenda pubblica.  La sicurezza alimentare comunque riguarda tutti, ad ogni livello e non può prescindere da una responsabilità condivisa.

Il tema, inquadrato ad ampio spettro, è senza dubbio fondamentale non solo per garantire la salubrità del cibo, ma anche per invertire la tendenza attuale allo sfruttamento senza criterio delle risorse alimentari, strettamente connesso alla salute del suolo e al cambiamento climatico.

Il cibo è essenziale per la vita e non dovrebbe mai essere veicolo di intossicazioni e malattie. Esistono per questo i vari organismi nazionali per il controllo della sicurezza alimentare, ma non sarà mai possibile garantire per tutti cibo sano se non saranno fatte rapidamente scelte drastiche sulla produzione, trasformazione, conservazione e distribuzione delle derrate alimentari nelle varie realtà del mondo.

La trasformazione dell’agricoltura e dell’allevamento animale dal modello industriale attualmente diffuso ad un’attività di tipo ecologico e rigenerativo, che rispetti il suolo, il benessere animale e la sostenibilità dell’ambiente di tutta la biosfera, in piccola parte già in atto, richiede uno sforzo operativo enorme, soprattutto di tipo culturale, che spinga i governi e le organizzazioni internazionali verso una drastica e rapida transizione ecologica, indispensabile per garantire la vita futura del pianeta.

Si tratta ovviamente di superare le forti resistenze delle lobbies dell’industria agro-alimentare, delle varie multinazionali che condizionano le leggi e normative nazionali e sovranazionali e che perderebbero gli enormi profitti realizzati a scapito del benessere collettivo, proponendo per mezzo di un marketing aggressivo cibo dannoso per la salute individuale e ambientale.

Si tratta anche, da parte delle istituzioni, di favorire per mezzo di incentivi la produzione di cibo ottenuto con approccio biologico, per lo più locale e stagionale, da filiere corte, ottenuto senza forzature, limitando al massimo il ricorso alla chimica in tutte le fasi della produzione, conservazione e distribuzione. Lungo tutto il processo, dal campo alla tavola.

Indispensabile anche, sia da parte delle istituzioni che delle organizzazioni senza fini di lucro, un’opera continua di divulgazione scientifica sulla sana alimentazione per gli esseri umani, allo stesso tempo rispettosa per gli animali e l’ambiente, che garantisca un futuro anche alle generazioni che verranno.

Anche i consumatori, cioè tutti noi, possono così condizionare con le proprie scelte la produzione di alimenti sani, se correttamente informati sugli effetti deleteri del cibo processato dalle multinazionali, che attualmente detengono un primato assoluto su quanto è disponibile nei nostri supermercati.

Il potere che abbiamo, come comunità di consumatori, è in questo senso enorme e potrebbe facilmente orientare l’attività della proposta alimentare a tutto vantaggio dell’economia locale, delle aziende che sono da tempo impegnate in questa direzione e di tanti onesti piccoli produttori locali nei mercati rionali o tramite i gruppi di acquisto.

In Italia, dal punto di vista della sicurezza alimentare si comincia a vedere qualche effetto positivo. Negli ultimi dieci anni le vendite di pesticidi sono diminuite del 32%, come emerge dall’analisi Coldiretti sulla base dei dati Eurostat (l’Ufficio statistico dell’Unione Europea). Questi dati riguardano i residui di pesticidi presenti su frutta, verdura, cereali, latte e vino. In Francia il calo è minore, del 10%. D’altra parte in altri paesi europei, come la Spagna, il consumo di pesticidi aumenta.

La transizione auspicata dall’agricoltura convenzionale a quella biologica e rigenerativa per il terreno, se attuata rapidamente, farà crollare la quantità dei contaminanti chimici negli alimenti a tutto vantaggio della salute e della sostenibilità dell’ambiente, riducendo gli effetti già in atto del cambiamento climatico. 

Anche per gli alimenti di origine animale è necessaria una brusca inversione di tendenza che spinga i produttori a rinunciare agli allevamenti intensivi, rispettando gli animali, evitando sofferenze crudeli e inutili, senza forzare la crescita con antibiotici, ormoni e alimentazione inadatta.

Anche in questo senso le scelte dei consumatori saranno cruciali. Non si può rincorrere il risparmio ad ogni costo. Il cibo vero non può costare troppo poco. Quello che si pensa di risparmiare sarà inevitabilmente pagato poi da tutti con problemi di salute, inquinamento e ulteriore attacco ad un ambiente del mondo già in profonda crisi.

Si tratta, come comunità, almeno nei paesi cosiddetti sviluppati, di effettuare scelte consapevoli e mirate, evitando il consumismo. Mangiare di meno e meglio, cibo vero e sano, ben preparato e se possibile consumato in modo piacevole e conviviale, evitando ogni spreco.

Armando Sarti, Medico

Glutine: il nuovo Nemico Pubblico?

Glutine: il nuovo Nemico Pubblico?

di Giuseppe Li Rosi

“Sappiamo benissimo che la nostra civiltà è stata attivata dall’interruttore del glutine, come quella orientale con il riso e quella americana con il mais. Oggi scatta un alert: il glutine è tossico!

La celiachia è salita al 2,5% di presenza nella nostra popolazione, per risolverla è stata addirittura creata una nuova industria, quella del gluten free, ma che è diventato anche una moda, portando l’abbandono del glutine anche da parte di chi non soffre di questi problemi, e anche un metodo per dimagrire, una dieta. 

Qualcuno presuppone che questa celiachia sia stata causata da un errore evolutivo. Abbiamo forse sbagliato a cibarci del glutine? A cibarci del grano? No, la malattia, specialmente in questi ultimi decenni, è aumentata troppo velocemente per considerarla una mutazione genetica, devono essere altri i fattori che hanno causato questo aumento, come ad esempio i fattori ambientali.

 Alla celiachia dobbiamo poi aggiungere la sensibilità al glutine, che dal 2012 al 2015 è aumentata del 250%. Potrebbe allora essere cambiato qualcosa nel glutine? Dovremmo andare a capire cosa è stato fatto con la rivoluzione verde, che cosa ha provocato nella nostra alimentazione. Vero è che l’indice di glutine, un parametro per misurare la tenacità del glutine, è salito. O come la forza (W) che da 60 è andata a finire a 320, facilitando le operazioni di panificazione per i prodotti da forno.

Forse mangiamo più glutine? Nemmeno, perché all’inizio del 900 quotidianamente un uomo mangiava circa un chilo di pane, mentre oggi ne mangia 150 grammi, quindi la causa non è un maggior consumo di glutine. Può essere la lievitazione? I tempi di lievitazione si sono abbassati, da passando da addirittura 2 giorni per alcuni prodotti, a solamente 2 ore.

Dobbiamo anche sapere che il glutine lo ritroviamo ovunque, siamo diventati consumatori di glutine a nostra insaputa.

Il glutine viene aggiunto a molti alimenti in cui si presuppone non ci sia, dalle confetture alle bevande, diventando un additivo. Per il celiaco l’alimentazione è diventata una specie di campo minato.

Una cosa ancora più allarmante, però, è la presenta del glifosato, usato come diseccante nei paesi che non sono vocati alla produzione di cereali, paesi molti freddi, e che oggi sono diventati i più grossi produttori di frumento al mondo. Il documentario, ad esempio, fa vedere come il glifosato sia stato trovato nelle urine del 99.6% di individui della popolazione tedesca. Quindi l’orzo viene diseccato col glifosato.

Un’altra domanda che ci poniamo è chi garantisce la sicurezza mondiale in ambito alimentare? In mano di chi siamo? In mano di chi è il cibo che dovrebbe essere l’energia per ogni terrestre per continuare ad abitare su questo pianeta?

Per trovare risposta a queste e altre domande vi consigliamo di vedere il documentario. 

Buona visione

Giuseppe Li Rosi, socio fondatore

Il legame tra foraging e benessere

Il legame tra foraging e benessere

Il Tarassaco è una preziosa pianta alimurgica utile alla naturale depurazione del nostro organismo

di Francesco Marino

Andar per erbe, una buona pratica, sopita da tempo, ma ritrovata negli ultimi anni che conia sotto terminologie nuove, come il foraging, una prospettiva di rispetto e tutela dei luoghi e dell’ambiente che si vive. La raccolta delle erbe spontanee rappresenta un esercizio utile al nostro benessere, al nostro spirito, riconcilia il nostro vivere con la dimensione naturale all’interno dell’ecosistema che ci ospita.

Questo si traduce in un esercizio didascalico utile alla salvaguardia della biodiversità di un territorio, e alla conoscenza di questo.
Si intepreta e riscopre così la storia di un luogo, della natura che lo caratterizza, dei popoli, dei loro antichi saperi e del loro caratteristico legame con le varie specie viventi, a partire dai vegetali.
La materia etnobotanica ci rivela con accurati strumenti questi insolubili legami tra l’uomo e la natura in tutta la loro sacralità, in un concetto che ci porta a riscoprire quei luoghi puliti e incontaminati dove, come avveniva per i nostri nonni, possiamo di nuovo riscoprire il piacere e i benefici del cibo selvatico.

Conoscere le piante ci ricollega a quel senso primogenio, la raccolta richiede tempo, ma sopratutto conoscenza.
Immergersi nella natura, e donare il giusto spazio ad ogni forma di vita, passando da quel fiore giallo che ieri nemmeno notavi e oggi chiami con il suo proprio nome.
Così in un rapporto giocoso che fin da piccoli ci accompagna, un gesto semplice quello del “soffiare via gli angioletti”promuovendo involontariamente una disseminazione antropocora di questo fiore simbolo della primavera, si fidelizza e si conosce il Tarassaco.

Taraxacum officinale Weber è una pianta erbacea perenne appartenente alla famiglia delle Compositae. Le prime notizie dell’uso medicinale di questa pianta provengono dalle descrizioni dei medici arabi del X e del XI secolo, ma è verosimile supporre che già i primi uomini del paleolitico ne facessero uso. Pisciacane, Piscialetto, le varie denominazione a livello popolare rendono manifeste la natura terapeutica della specie utilizzata come pianta officinale nella medicina tradizionale e alimurgica1 nei ricettari popolari.

Dall’azione depurativa e disintossicante per il nostro organismo, si utilizza in erboristeria e in fitoalimurgia tutta la pianta. A scopo terapeutico, per le proprietà coleretiche e colagoghe e ipocolesterolemizzanti, coadiuvanti della depurazione del nostro organismo viene impiegata la radice, trasformata nelle principali formulazioni erboristiche in compresse, tinture madri e tisane. Le molecole bioattive presenti nelle parti aeree di Taraxacum officinale Weber costituiscono il profilo metabolico della specie caratterizzato dalla presenza di composti quali: lattoni sesquiterpenici (tetraedro-ridentina, glucosidi del tarxsicolide e dell’acido taraxinico), alcool triterpenici (taraxasterolo, pseudotaraxasterolo), steroli, potassio, fruttosio e inulina. Le foglie ricche di flavoidi, vitamine e Sali di potassio favoriscono il drenaggio dei liquidi in eccesso.
A scopo alimurgico, si utilizza tutta la pianta, le foglie sono utili nella preparazione di misticanze di stagione o passate in padella, i boccioli vengono raccolti ancora chiusi e conservati sott’aceto a mon di capperi, la radice è adoperata nella preparazione del caffè. La comparsa in natura della specie riflette le funzioni utili e terapeutiche per la nostra salute, depurare il nostro organismo con le spontanee simboleggia un viaggio, che con la raccolta mima quel cammino, utile a rimettere in movimento il nostro organismo nelle novelle giornate primaverili e a coadiuvare le fisiologiche funzioni dei nostri organi, con il consumo. 

Il tutto in una visione che tiene conto delle buone regole di raccolta racchiuse in: visita a luoghi incontaminati, accurato studio delle specie da consumare e raccolta ponderata in un meccanismo che tenga cura della vera ricchezza di un territorio che è dato dalla Biodiversità.

Biografia
Francesco Marino
Erborista
Docente Formatore e Consulente in Erboristeria e Fitoterapia
Cultore dell’Etnobotanica
Raccoglitore e Trasformatore di Piante Officinali.

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