Leggi l’etichetta dei prodotti alimentari?
Tante informazioni per acquistare con consapevolezza
di Armando Sarti
GLI ADDITIVI
Gli additivi compaiono nell’etichetta dopo la lista degli ingredienti essendo presenti ovviamente in quantità minore e possono essere indicati con una sigla, “E…”, oppure con il nome specifico della sostanza. Ad esempio: l’acido ascorbico (vitamina C) può essere indicato anche come “E 300”. Il nome specifico, non la sigla, è espresso più spesso quando l’additivo è innocuo e non presenta tossicità alle dosi impiegate, come ad esempio proprio l’acido ascorbico. Il produttore quindi preferisce ovviamente scrivere per esteso il nome specifico dell’additivo non tossico. Quindi leggere una lunga sfilza di “E…” non rappresenta in generale un aspetto positivo.
Il termine “additivo” comprende molte sostanze diverse, classificate come conservanti, coloranti, acidificanti e così via. La funzione dello specifico additivo è descritta talvolta prima della sigla o del nome della sostanza. Ad esempio si può leggere: “antiossidante: acido ascorbico”.
Tutti gli additivi riportati come sigla consistono nella lettera “E” seguita da 3 o 4 numeri o per ultima una lettera minuscola. Alcuni additivi sono innocui, a parte possibili allergie specifiche. Altri, la maggior parte, sono prodotti chimici che presentano tossicità variabile, sono spesso responsabili di allergie ed è bene limitarne l’assunzione, particolarmente per i bambini e per le donne in gravidanza o che allattano.

Naturalmente questi additivi chimici si aggiungono a una quantità considerevole di altre sostanze tossiche impiegate nell’agricoltura e nella commercializzazione degli alimenti (antiparassitari, concimi chimici, diserbanti, conservanti, lucidanti, anti-muffa e così via) e nell’allevamento intensivo di animali (ormoni, antibiotici e altri farmaci), aumentando notevolmente la quantità di chimica presente nei nostri piatti.
Questa aggressione chimica all’organismo umano e animale può produrre effetti indesiderati che in genere non si rilevano subito, ma che alla lunga possono risultare molto preoccupanti.
Se questo è vero in generale, il rischio è ancora più alto durante l’embriogenesi e nei primi 1000 giorni di vita, cioè dal concepimento fino ai 2 anni circa dei bambini. Quindi la gravidanza e l’allattamento sono da considerare periodi molto critici. Sfortunatamente tanti inquinanti chimici possono esercitare effetti indesiderati trasmissibili anche prima del concepimento e possono coinvolgere, per via epigenetica, le generazioni successive.
Per ridurre drasticamente l’assunzione alimentare di sostanze tossiche, con effetti ancora non completamente conosciuti, la scelta di alimenti biologici si rivela strategica e fondamentale.
In ogni caso la lettura attenta delle etichette alimentari può permetterci di evitare tanti prodotti alimentari industriali pesantemente trattati con la chimica.
Ecco una parziale classificazione degli additivi:
- COLORANTI, contraddistinti da E100 fino a E180. Possono essere definiti “naturali” quelli che si trovano in natura, ad esempio la clorofilla (E140) per il colore verde, la curcumina (E100) per il colore giallo, o la barbabietola (E162) per il colore rosso. La maggior parte dei coloranti artificiale di derivazione chimica può essere responsabile di tossicità e reazioni allergiche in soggetti predisposti.
- CONSERVANTI, da E200 a E297.
- ANTIOSSIDANTI e ACIDIFICANTI, da E300 a E385.
- EMULSIONANTI e ADDENSANTI, da E400 a E585.
- ESALTATORI DI SAPIDITA’, da E620 a E640
- AGENTI DI RIVESTIMENTO, LUCIDANTI, LEVIGANTI, da E900 a E948.
- DOLCIFICANTI, EDULCORANTI, E420, E421, E950, E951, E952, E953, E954, E955, E957, E959, E961, E962, E965, E966 e altri
In questa nota non è possibile ovviamente analizzare in dettaglio tutti gli additivi, circa 300. Mi limiterò ad alcune osservazioni su quelli più utilizzati.
Fra quelli innocui, da estratti vegetali, figurano varie vitamine e antiossidanti naturali. Possiamo ricordare i tocoferoli (E306, la vitamina E), la farina di carruba (E410), l’acido ascorbico (E300) con i suoi derivati (E301-E303), la clorofilla (E140) e l’alginato di sodio (E401), il licopene (E160d), le antocianine (E163) e la curcumina (E100). Anche l’acido citrico (E330) non crea problemi, così come la pectina (E440) e la lecitina (E322). Per altri, sempre di derivazione naturale, è bene limitarne il consumo perché presentano ad alte dosi tossicità, ad esempio l’acido glutammico o glutammato (E620) e forse la carragenina (E407). L’acido lattico (E270) e i lattati derivati (E325, E326, E327, E585) sono utilizzati come acidificanti; non presentano particolari problemi di tossicità, anche se non devono essere assunti dai neonati e lattanti.
Alcuni additivi molto tossici sono stati esclusi nel corso degli anni per l’utilizzo nei prodotti alimentari, anche se talvolta compaiono ancora soprattutto negli alimenti importati da paesi al di fuori dell’Europa.
Da evitare il più possibile gli oli o grassi idrogenati. Non sono additivi, ma ingredienti, sostanze grasse trattate dall’industria che contengono gli “acidi grassi trans” responsabili di gravi danni alle arterie e quindi del rischio cardiovascolare, compresi ictus e infarti. Diffidare quindi sempre del termine “idrogenato” anche se preceduto da “parzialmente”.

I mono e digliceridi degli acidi grassi (E471, E472) sono prodotti dalla lavorazione di oli vegetali e da residui di scarto della lavorazione dei prodotti animali e sono utilizzati come emulsionanti in tanti prodotti, come gelati, dolciumi e prodotti da forno. Non sono considerati sicuri secondo molti studiosi e, dato il vasto utilizzo dell’industria agro-alimentare, dovrebbero almeno essere studiati in modo più approfondito, ma le multinazionali del cibo industriale non hanno molto interesse per queste ricerche. Sono emulsionanti efficaci e molto più economici di quelli naturali (lecitine). È preferibile evitarli.
Un discorso a sé è necessario per i nitriti (E249, E250) e nitrati (E251, E252), utilizzati come conservanti nei prodotti industriali. Soprattutto i primi, i nitriti, possono facilmente trasformarsi in nitrosamine, sostanze ben note per un effetto cancerogeno, cioè favorente la comparsa del cancro. È bene quindi limitarne drasticamente il consumo, principalmente riducendo l’uso di carni lavorate e conservate (salumi, wurstel, carni in scatola e preparati industriali a base di carne). Il colore artificiale, vivo e brillante, dei salumi è determinato proprio da questi additivi; i salumi non trattati presentano un aspetto grigiastro, meno attraente.

Altri additivi utilizzati ampiamente come stabilizzanti, soprattutto per salumi, carni in scatola, formaggi e dolciumi, sono i polifosfati (E450-E452). Sono sostanze che soprattutto se assunte ad alto dosaggio, come avviene mangiando spesso cibo industriale, presentano problemi di tossicità che dovrebbero quanto meno essere studiati più estesamente.
L’acido benzoico (E210) e i suoi derivati (E210-E212) sono conservanti molto utilizzati che possono provocare reazioni simil-allergiche. È preferibile limitarne l’assunzione.
Anche l’anidride solforosa e i solfiti (E220- E227) sono responsabili di reazioni allergiche (vedi oltre “Allergeni”), o simil-allergiche. Queste sostanze sono utilizzate soprattutto nel corso della vinificazione dell’uva e nella preparazione di conserve di alimenti e insaccati. Si sospetta che possano causare mal di testa, ma nonostante molte segnalazioni in questo senso, studi recenti non sembrano sostenere questa ipotesi. Possono ridurre l’assorbimento di alcune vitamine.
I dolcificanti artificiali, come saccarina (E954), aspartame (E951), ciclamato (E952) e acesulfame (E950), sono usati nei dolciumi per ridurre l’apporto calorico e il rischio di carie. Sono consigliati anche per i pazienti diabetici o obesi e utilizzati in vari alimenti dietetici. Compaiono negli alimenti e bibite dolci presentati “senza zucchero”. Fra i dolcificanti l’aspartame (E951) è stato frequentemente utilizzato per un effetto dolcificante circa 200 volte maggiore di quello del saccarosio, il comune zucchero. Questo dipeptide sintetico, una volta metabolizzato, libera metanolo e formaldeide, sostanze sicuramente tossiche, particolarmente per donne in gravidanza, neonati e bambini piccoli. Alle dosi utilizzate è ritenuto sicuro dagli enti istituzionali, anche se alcuni studiosi hanno riportati dati non rassicuranti sul rischio dell’insorgenza di tumori. Di fatto attualmente è spesso sostituito per l’effetto dolcificante dal meno discusso sucralosio (E955). Sono comparsi comunque vari studi sugli effetti negativi dei vari dolcificanti artificiali sul microbiota, la popolazione batterica intestinale, ritenuta sempre più cruciale per la salute fisica e psichica. In generale è consigliabile fare del tutto a meno di queste sostanze, particolarmente in gravidanza e per i bambini piccoli, o ridurne drasticamente l’uso.
In definitiva, in linea generale, meno E…. si leggono alla fine della lista di ingredienti meglio è. Vuol dire che l’alimento non è stato pesantemente trattato e non necessita di tante sostanze chimiche per la preparazione e la conservazione, oppure per renderlo artificialmente più attraente come colore e aspetto.
GLI ALLERGENI
Si tratta di sostanze alimentari che possono provocare reazioni allergiche in individui predisposti. Per legge devono essere segnalati, se presenti, nella lista degli ingredienti. Gli agenti allergizzanti sono tantissimi. Possono provocare gravi reazioni anche se assunti in dosi piccolissime. Devono essere necessariamente segnalati nelle etichette solo quelli ritenuti più importanti per la popolazione generale europea.
Curiosamente per noi Italiani, non troveremo le fragole, un frutto che in alcune regioni italiane rappresenta un problema importante di sensibilizzazione alimentare, ma che viceversa non è un problema per il resto dell’Europa. Invece, troveremo il sedano che sicuramente in Italia non rappresenta un problema diffuso, ma che in Europa ha, come allergene, una incidenza significativa.
Le diciture possono essere diverse: “può contenere…(allergene)”, “prodotto in stabilimenti in cui viene utilizzato…(allergene)”, “prodotto in filiere alimentari non separate, in cui viene processato anche…(allergene)”. Queste diciture sottintendono che nel corso della preparazione non si esclude la presenza in tracce dell’allergene, cioè l’allergene non è un ingrediente, ma è finito nel prodotto nell’utilizzo dei macchinari e nel corso delle procedure che trattano vari alimenti.

La legislazione europea (Allegato II del regolamento (UE) n. 1169/2011) prevede la segnalazione dei seguenti 14 alimenti o derivati di alimenti:
- Cereali e derivati
- Crostacei e prodotti a base di crostacei
- Uova e prodotti a base di uova
- Pesce e prodotti derivati
- Arachidi e derivati
- Soia e derivati
- Latte e prodotti a base di latte
- Frutta a guscio (mandorle, noci, pistacchi, etc.)
- Sedano
- Senape e prodotti derivati
- Sesamo e derivati
- Anidride solforosa e solfiti (Anidride solforosa, E220, Solfitodi sodio, E221, Bisolfito di sodio, E222. Metabisolfito di sodio, E223, Metabisolfito di potassio, E224, Solfito di potassio, E225, Solfito di calcio, E226, Bisolfito di calcio, E227)
- Lupini e prodotti a base di lupini
- Molluschi e prodotti a base di molluschi.
La lettura dell’etichetta costituisce così un’altra opportunità per chiunque sia a conoscenza di una propria specifica allergia, o risulti in generale come predisposto alle allergie.
Ricordo perfettamente il caso di una signora russa che finì in Terapia Intensiva dopo un arresto cardiaco perché, pur essendo del tutto consapevole di essere allergica alle arachidi, non lesse l’etichetta di un pesto “alla genovese” che conteneva proprio arachidi invece che i più costosi pinoli.
Per ulteriori informazioni sulle allergie alimentari si può consultare il “Documento di indirizzo e stato dell’arte Italia 2018” del Ministero della salute: (http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2788_allegato.pdf).
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