Leggi l’etichetta dei prodotti alimentari?

Tante informazioni per acquistare con consapevolezza

di Armando Sarti

Parte terza: generalità, alimenti speciali, prodotti biologici e integrali

Generalità

La provenienza del prodotto è un altro aspetto da considerare. Devono essere riportati il nome del produttore, la sede legale e quella della fabbrica di produzione se diversa, in modo che sia possibile definire la filiera alimentare e approfondire le caratteristiche del produttore e degli stabilimenti.

Anche il lotto di produzione è importante, soprattutto se si rilevano difetti evidenti del prodotto o del confezionamento, oppure se sono stati segnalati da parte delle autorità competenti dei lotti a rischio, da non consumare se già acquistati e da rimuovere dal commercio se ancora in vendita.

In ogni caso una specifica direttiva comunitaria, recepita da una legge nazionale, precisa che le etichette alimentari non debbano in ogni caso trarre in inganno il consumatore.

Sono etichette ingannevoli quelle non in linea con le caratteristiche effettive del prodotto e quelle che riportano eventuali proprietà ed effetti non veritieri. Ad esempio presunti effetti dimagranti e snellenti o addirittura proprietà curative. È ingannevole anche riportare che un prodotto apporti un elemento nutrizionale particolare, o in dosaggio particolare, se il dato non è sostenibile in base alla tabella nutrizionale. Anche le immagini del prodotto possono risultare ingannevoli se inducono a pensare a un alimento che non corrisponde al contenuto della confezione. In linea generale è bene non porre troppa attenzione alle foto di presentazione dei prodotti confezionati, ma valutare bene, piuttosto, la lista degli ingredienti e la tabella nutrizionale.

Se un prodotto è presentato “a basso contenuto calorico” non deve contenere più di 40kcal per 100 grammi, o, per un liquido, non più di 20kcal per 100 ml. Se invece si legge “a ridotto contenuto calorico” la riduzione delle calorie deve essere consistente, almeno del 30% rispetto agli altri prodotti simili che non vantano questa dicitura, ma questo dato è più difficile da controllare. La dicitura “senza zuccheri” prevede che il prodotto non possa contenere più di mezzo grammo di zucchero per 100 gr o 100 ml, mentre “senza zuccheri aggiunti” significa che nella lista degli ingredienti non possa esserci saccarosio, glucosio, lattosio, maltosio, destrosio, fruttosio, né tanto meno sciroppo di glucosio o sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio e nemmeno altri dolcificanti, come il miele.

IL "BIOLOGICO"

La normativa che regola la produzione e distribuzione dei prodotti biologici è definita strettamente dalle normative europee e nazionali. Tutte le fasi di selezione, produzione e trasformazione del prodotto devono seguire specifici criteri definiti per legge. Il prodotto non può contenere organismi geneticamente modificati (OGM) e non può essere stato sottoposto a irradiazione.

L’uso di additivi è quasi completamente escluso e restrizioni precise, molto estese, esistono in l’agricoltura per quanto riguarda la fertilizzazione del suolo, la difesa del prodotto da parassiti e infestanti e la sua conservazione. In pratica, sia per eventuali additivi che per i trattamenti ammessi in agricoltura e preparazione, si possono usare solo sostanze atossiche o con profilo di tossicità molto basso e comunque in quantità molto ridotte rispetto ai prodotti convenzionali. L’apporto di sostanze chimiche indesiderate risulta così ridotto quasi completamente nel prodotto.

Il concetto dell’agricoltura biologica riveste un significato che va ben oltre gli aspetti salutari. Riguarda infatti il mantenimento della fertilità naturale del suolo senza forzature per anticipare i raccolti e la sostenibilità ambientale.

Nell’allevamento animale la normativa prevede inoltre anche modalità definite per il benessere degli animali, ad esempio per quanto riguarda la permanenza all’aperto, al pascolo e con spazi adeguati a disposizione, oltre all’utilizzo esclusivo di mangimi biologici. Gli animali sono trattati spesso con farmaci omeopatici, comunque se si rende necessaria una terapia con farmaci convenzionali, ad esempio antibiotici, l’animale potrà essere destinato al consumo solo dopo un più lungo tempo di disintossicazione dopo la guarigione. Naturalmente gli antibiotici utilizzati come fattori di crescita non sono ammessi.

Un prodotto può essere definito “biologico” dal produttore se almeno il 95% degli ingredienti provengono da agricoltura biologica certificata. La certificazione è effettuata da organismi di controllo e verifica scelti dal produttore, ma comunque autorizzati dallo stato, che effettuano rigidi e ripetuti controlli e ispezioni degli stabilimenti di produzione e dei prodotti al consumo.
Questa rigorosa attività di analisi e certificazione comporta ovviamente dei costi consistenti, che sfortunatamente piccoli produttori e piccole aziende agricole non possono permettersi, anche se aderiscono al concetto di un’agricoltura senza chimica e rispettano i criteri e le restrizioni alla base della coltivazione biologica.

Le frodi sono sempre possibili ovviamente, come peraltro per ogni altro prodotto non biologico, particolarmente per i prodotti importati, dato che la normativa italiana è fra le più restrittive in assoluto. In generale però l’accuratezza e la quantità dei controlli garantiscono la salubrità di questi prodotti e una drastica riduzione della chimica presente nei piatti dei consumatori.

Molti studi scientifici attestano infatti le differenze, in termini di contaminazione chimica, tra gli alimenti biologici e quelli convenzionali, molto più contaminati. Ricerche recenti dimostrano inoltre una maggior quantità di sostanze benefiche nei prodotti biologici, come le vitamine e gli antiossidanti. Alcuni dati preliminari, che devono essere confermati da studi ripetuti e più estesi, evidenziano anche, con l’alimentazione biologica, un minor rischio di sviluppare tumori.

La denominazione “biologico” o “da agricoltura biologica” è ammessa solo per i prodotti così certificati, nei quali compare in genere anche il logo specifico dell’Unione Europea che garantisce la natura “biologica” del prodotto:

Ogni altra dicitura, ad esempio “naturale”, oppure “senza uso di pesticidi, diserbanti, additivi, antibiotici, …..” non ha niente a che vedere con la certificazione biologica. In inglese il termine utilizzato è “organic”. Nell’etichetta è specificata la denominazione in sigla dell’organismo di controllo, il paese di produzione, ad esempio “IT” per l’Italia, il codice del produttore e del prodotto e gli estremi dell’autorizzazione ministeriale.

Un prodotto contraddistinto da “in conversione biologica” è ottenuto da un produttore che è in attesa di ricevere l’autorizzazione dagli organismi di controllo, che prevede dei tempi precisi, anche se sta già utilizzando i criteri specifici.

PRODOTTI EQUOSOLIDALI

Anche questi prodotti sono in genere contraddistinti da specifici marchi di garanzia, ad esempio:

Il commercio equo e solidale è gestito in Italia da consorzi e organizzazioni (Altromercato, Fairtrade Italia, …) senza scopo di lucro, che hanno il fine di diffondere e promuovere gli alimenti lavorati e commercializzati senza causare lo sfruttamento dei produttori del Sud del mondo.

Le multinazionali dell’industria agroalimentare hanno infatti imposto l’utilizzo di sementi proprietarie nell’agricoltura di tanti paesi in via di sviluppo, a scapito della varietà, qualità e biodiversità delle coltivazioni locali tradizionali. Si tratta di sementi che generano spesso piante sterili, ed è quindi indispensabile ricomprarli per ogni nuova semina. Rispetto alle piante autoctone sono inoltre piante che necessitano in genere di concimazione chimica e trattamenti antiparassitari (forniti naturalmente da chi vende i semi).
Inoltre il prezzo, corrisposto ai contadini per i prodotti agricoli, è fissato da logiche di mercato, controllato dalle stesse multinazionali, che non permette ai produttori un compenso accettabile.
Queste certificazioni garantiscono che i produttori siano stati pagati in modo aggiuntivo (Fairtrade premium), rispetto a quanto avviene in base alle quotazioni di prezzi del mercato convenzionale, in modo da poter rispettare lo sviluppo sostenibile, la biodiversità locale e favorire progetti di sviluppo sociale a favore delle comunità povere del mondo.

L’acquisto di questi prodotti comporta quindi un’azione etica e promuove effetti sociali rilevanti, da considerare attentamente quando si sceglie cosa comprare.

Un prodotto specifico: l’uovo

L’uovo è un alimento assai apprezzato e molto ricco di nutrienti. È utilizzato nella preparazione di una miriade di vari prodotti confezionati. Il termine “uovo” senza ulteriori specificazioni identifica sempre l’uovo di gallina.

Nella grande distribuzione si trovano uova di tanti tipi diversi, ma adesso è possibile scegliere consapevolmente.

Per le uova intere in guscio è prevista infatti una codifica specifica che rappresenta una vera e propria carta d’identità ed è adesso stampata su ogni singolo uovo.

Ad esempio esaminiamo la scritta sul guscio “0IT045TO001”: il primo numero, “0”, indica la tipologia di allevamento, biologica in questo caso, che riflette sia il mangime biologico utilizzato per la gallina che un sufficiente spazio all’aperto per l’allevamento. Se è invece “1” indica solo che l’allevamento è avvenuto all’aperto, se è “2”, vuol dire allevamento a terra, se “3” in batteria.

A mio avviso non è consigliabile acquistare le uova che hanno stampato “3” come primo numero della scritta sul guscio, sia perché verosimilmente possono avere un valore nutrizionale ridotto, sia per disincentivare, da parte dei produttori, metodiche inaccettabili di allevamento delle galline.

“IT” identifica il paese dell’allevamento (Italia, in questo caso). I 3 numeri successivi identificano il comune in codice e in successione la provincia come sigla (es “TO”, Torino). Gli ultimi 3 numeri si riferiscono al codice del singolo allevamento. Può essere scritta anche la data di scadenza, che è di 28 giorni dalla deposizione, ma non è obbligatorio. Nella confezione di contenimento è riportata anche una lettera maiuscola: “A” sta per uova alimentari, “B” per seconda scelta e “C” per l’uso solo industriale. E’ così possibile conoscere tutto sull’uovo che andremo a consumare.

Farine, farine integrali e prodotti a base di cereali integrali

La farina di frumento è commercializzabile in diverse tipologie:

  • farina 00: la più raffinata, sia il germe che i vari strati di rivestimento del chicco sono stati rimossi; è costituita in larga prevalenza da amido e la sua grana risulta molto fine e impalpabile, simile al talco;
  • farina 0: un po’ meno raffinata, ci sono piccole tracce di crusca; l’aspetto è molto simile alla 00;
  • farina 1: il grado di raffinazione è ancora minore, è presente un leggero residuo di ceneri (fibre e una piccola parte del germe) 
  • farina 2: considerata semi-integrale, contiene un quantitativo maggiore di ceneri, cioè fibre e germe;  
  • farina integrale: è il risultato della macinazione completa del chicco intero, rivestimenti fibrosi e germe; non ha subito alcun livello di raffinazione. È quella più ricca di fibre, vitamine e sostanze utili antiossidanti.

La farina integrale e quella 2 sono da utilizzare preferibilmente come biologiche, dato che gli antiparassitari utilizzati nell’agricoltura convenzionale si depositano prevalentemente nella parte esterna del chicco, la crusca.

L’apporto di fibre nell’alimentazione umana riveste particolare importanza. In linea generale i cereali e le farine di cereali integrali sono più ricchi di sostanze nutritive, oltre che delle fibre necessarie per il benessere del microbiota, cioè la flora batterica intestinale. Le fibre presenti nel pasto permettono di rallentare l’assorbimento dei carboidrati, riducendo il rischio di resistenza all’insulina, di sindrome metabolica e dell’insorgenza di diabete. Le fibre risultano inoltre importanti, se associate ad un apporto di acqua sufficiente, per favorire il transito intestinale, riducendo così la stitichezza.
I cerali in chicco integrali sono in genere riconoscibili per il colore più scuro e per l’aspetto del rivestimento del chicco, anche se alcuni trattamenti possono modificare queste caratteristiche, ad esempio la tostatura. 

Il sapore dei cereali integrali risulta meno dolce e un po’ amarognolo al gusto, anche se la masticazione prolungata dei cereali e del pane esprime sempre, alla fine, un gusto dolciastro.

Se per le uova è possibile conoscere tutti gli aspetti e scegliere consapevolmente, per le farine sfortunatamente la normativa è del tutto carente.

Negli sfarinati di cereali per l’alimentazione umana possono essere aggiunte infatti varie sostanze chimiche ad effetto sbiancante o conservante. Inoltre, può essere definita “integrale” (e “integrali” i prodotti derivati), sia una farina davvero integrale, cioè il prodotto della macinazione di chicchi di cereali interi senza rimozione della crusca, sia una farina bianca, già raffinata, addizionata successivamente con la crusca. Naturalmente, in termini di benefici salutari, non è affatto la stessa cosa, perché il chicco integro contiene anche il germe, particolarmente ricco di nutrienti e la crusca dello stesso chicco macinato non è paragonabile a quella aggiunta successivamente, proveniente da un frumento diverso.

Non è facile, soprattutto per chi non ha esperienza. La vera integrale ha un tempo di conservazione più limitato. È di un colore uniforme un po’ scuro, non bianca con puntini più scuri ben riconoscibili. La consistenza è un po’ sabbiosa, mentre quella ricostituita è impalpabile, con una parte più scura distinguibile. Inoltre durante la lavorazione dell’impasto la vera integrale risulta meno appiccicosa. Infine, setacciando la farina con un colino a maglie fini, si può facilmente individuare la farina ricostituita, in quanto quella raffinata, chiara e impalpabile, passa al setaccio, mentre quella aggiunta, scura, grossolana e in quantità minore, rimane nel colino.
Anche per il pane valgono le stesse osservazioni: quello ottenuto da vera farina integrale ha un colore marroncino uniforme. Il pane integrale è adesso molto richiesto. 

Sono però in commercio tanti tipi di pane, prodotti in modo industriale con farine varie raffinate e aggiunta di crusca, cruschello, conservanti o dolcificanti.

Anche in questo caso la lista degli ingredienti, che ogni venditore deve poter mostrare, anche per il pane sfuso, permette di rendersene conto. In linea generale una lista di tanti ingredienti non depone bene.

Un’ultima annotazione sui cosiddetti grani antichi. Per grano antico s’intende un grano che non è stato selezionato e purificato per essere sempre più ricco di glutine. Questa procedura di selezione genetica dei semi è stata estesamente praticata nel secolo scorso per ottenere farine più ricche di proteine e più facili da lievitare. Sfortunatamente i grani moderni così ottenuti, quasi tutti quelli in commercio, risultano più sensibilizzanti, per l’organismo umano, alle proteine del glutine. Inoltre contengono spesso un solo tipo di glutine e possono provocare in tanti soggetti effetti indesiderati. L’intolleranza al glutine, da non confondere con la celiachia, è molto diffusa attualmente e causa disturbi a una grande quantità di persone. I grani moderni inoltre sono meno resistenti agli agenti atmosferici e necessitano più spesso di trattamenti chimici antiparassitari.

Queste procedure di selezione specifica dei frumenti moderni sono state utilizzate per il grano tenero, quello utilizzato per la produzione del pane e per i dolci, mentre il grano duro, utilizzato per lo più per la produzione della pasta, non è stato manipolato in questo modo.

Il pane ottenuto dai grani antichi, spesso di coltivazione biologica, (esempio il “Monococco”, il “Timilia”, il “Verna”, il “Senatore Cappelli” e i tanti grani antichi siciliani) può avere un sapore diverso, dato che è costituito da varie cultivar oltre a quella prevalente. Presenta cioè una maggiore variabilità di sementi, selezionati dalla natura nel corso di secoli e millenni, in adattamento alle caratteristiche dei terreni e del clima dove sono cresciuti. La biodiversità è sempre un aspetto favorevole in natura.

Leggere attentamente le etichette rappresenta un elemento di garanzia e informazione che può guidarci nell’acquisto consapevole. Un altro elemento di garanzia è rappresentato dall’acquistare prodotti alimentari da piccoli produttori nella filiera corta, dei quali conosciamo lo stile di lavoro e la serietà, sia direttamente che mediante gruppi di acquisto e mercatini rionali.

Armando Sarti, Medico

già direttore, Dipartimento d’Emergenza e Terapia Intensiva Azienda Sanitaria di Firenze