Primavera 2020: Consapevolezza

di Ivano Nuti

Essere consapevoli è tanto grande quanto l’intelligenza umana. Conoscere, accettare il proprio limite, ingegnarsi per migliorarlo e rispettare il limite dell’altro è tanto importante quanto difficile.

Spesso capita di dare le parole per scontate. Ciò accade, in particolare, per i termini più comuni ed usati, ma ogni lemma ha una propria dignità e un significato più profondo di quello che appare a prima vista. 

Per comprendere l’origine della parola “consapevolezza” è necessario compiere un piccolo percorso, per certi versi, culinario! Dobbiamo, infatti, risalire al verbo latino sapĕre, per poi passare al il suo composto consipĕre ( cum+ sapere).

Sapio concretamente significa” aver sapore”, ” aver odore”, oltre che “gustare”, “sentire il sapore”, ma possiede anche il significato figurato di “essere saggio, prudente” e quello, per noi comune, di ” conoscere”, “sapere”. L’essenza del verbo “sapere” sta quindi nel “viaggio” tra questi due poli: in modo affascinante gli antichi ci suggeriscono che per conoscere è necessario “assaggiare”. Una metafora preziosa che ci indica come una cosa sia veramente conosciuta, quando si è in grado di comprenderne ogni aspetto, potremo dire di “coglierne il sapore”. 

L’aggettivo “consapevole” deriva dal composto consipĕre “avere esatta cognizione di sé”, “essere in sé” ed ha, pertanto, il significato di “persona che è informata di qualcosa”, o “che è cosciente di un fatto, una situazione etc.”. Il termine “consapevolezza” è formato dall’aggiunta a tale aggettivo del suffisso (-ezza-), ed indica propriamente il fatto di essere consapevole di qualcosa.

Adesso, con la primavera quasi al tramonto e l’estate alle porte si riparte. Tutti speriamo di riuscire a mettere fine alla paura del Covid-19. Da buoni italiani ci preoccupiamo del lavoro, della crisi economica e delle vacanze estive da non perdere. Siamo più portati alla critica sulle azioni istituzionali del governo che altro. Ci siamo sentiti protetti ma la paura ci fa pensare che avremmo dovuto avere di più. Forse cerchiamo di convincerci che “nel male e nel dolore, tutto sommato abbiamo tenuto botta”. Ma: – il virus, la paura, il dispiacere e l’impegno delle persone in prima linea, il distanziamento sociale che paradossalmente ha unito l’un con l’altro per cercare soluzioni per la salvezza ci ha fatto vivere momenti particolari, ha dato modo di ascoltarci. L’amore nelle mura domestiche, il calore della cucina, l’assenza di rumore, l’aria nitida, le strade libere e gli spazi riconquistati da animali selvatici che si riprendono la terra.

Tutto ciò fa riflettere: questa pandemia ci ha costretti a fermarci lasciandoci il tempo per pensare e acquisire consapevolezza che forse potrebbero esserci anche altri modi di rapportarsi al mondo circostante.

Curiamo il nostro ambiente e il nostro pianeta!

L’uomo pronto a tutto per cibare il proprio egoismo, è un animale fragile che il pianeta terra con un “virussino” ha fatto sentire piccolo piccolo. Da oggi, un domani più consapevole con la caratteristica umana di conoscere e sapere, potrebbe provare a non farci essere più proprio come ieri e ad andare alla scoperta di un “nuovo mondo, un nuovo pianeta terra, nel rispetto e insieme alla madre di tutti i tempi, la natura”.

Bibliografia:

Zingarelli N., Lo Zingarelli 2008. Vocabolario della Lingua Italiana, Bologna, 2007.

Nocentini A., L’ Etimologico, Ed Le Monier, 2010.

Castiglioni L., Mariotti S., IL. Vocabolario della Lingua Latina  (quarta edizione), 2007.

Ivano Nuti, Psicologo