L’Olocene è finito… siamo nell’Antropocene
di Egidio Raimondi
Dopo 12 milioni di anni siamo nell’era determinata dall’uomo.
È da poco uscito nelle sale il film-documentario che illustra il lavoro di un gruppo di scienziati impegnati a dimostrare che ormai la vita del nostro pianeta è influenzata e determinata dalle azioni umane. Vale a dire che i segni lasciati dall’uomo saranno indelebili e, un ipotetico geologo che decidesse di fare carotaggi e scavare nel suolo terrestre tra qualche millennio, troverebbe i segni del passaggio dell’uomo!
Si potrebbe sintetizzare nella frase: l’impronta umana cambia la geologia.
La tesi di geologi e scienziati del gruppo di lavoro Antropocene è che oggi ci troviamo a vivere una nuova era geologica collocata dopo l’Olocene, che ormai può considerarsi concluso, che può essere definita come l’età dell’uomo.
Gli impatti dell’attività vitale umana sulla terra vengono elencati con immagini straordinarie (uno degli autori è un fotografo paesaggista) e descritti con dovizia di particolari e abbondanza di dati numerici.
Unica nota negativa, a mio parere, la voce narrante. Troppo triste, sommessa, affranta. Un tema così grave se lo si affronta con uno spirito negativo significa sconfitta sicura. Significa rinuncia a ogni forma di speranza. Molto meglio l’appello accorato e il tono di rimprovero di Greta alle Nazioni Unite!
Gli scienziati del gruppo Antropocene individuano una data precisa in cui ci sarebbe stato il passaggio dall’Olocene: il 1965. La motivazione è che in quell’anno c’è stato il maggior numero di esplosioni nucleari sulla terra….
Ma torniamo agli impatti che cercherò di sintetizzare, elencandoli anch’io come nel film.
Bracconaggio. Il film comincia con la scena di un enorme sequestro di zanne di elefanti in Africa che vengono disposte a formare delle pire cupoliformi e poi date alle fiamme. Un valore di miliardi di dollari sul mercato degli oggetti di avorio. La stessa scena torna a chiudere il film, evidenziando una circolarità che è propria della natura e che l’uomo deve recuperare nei suoi processi… se non vuole mandare in fumo tutto ciò che ha costruito.
Estrazione. Le miniere e le cave disseminate per il globo offrono le immagini più suggestive. Si devastano intere regioni, demolendo case e sfrattando gli abitanti, annientando interi ecosistemi, inquinando irrimediabilmente territori vasti come stati, per estrarre lignite, nichel, marmo, potassio, petrolio, gas naturale…
Cambiamenti climatici. Il surriscaldamento globale provoca l’innalzamanto del livello dei mari e l’uomo costruisce barriere frangiflutti in cemento lunghe centinaia di chilometri, che poi non reggeranno agli tsunami. Si sciolgono i ghiacciai e si alterano le stagioni, incrementando il numero fenomeni climatici estremi, che provocano danni da centinaia di milioni e costano vite umane.
Acidificazione dei mari. Gli inquinanti che finiscono in mare sotto varie forme provocano l’acidificazione che sta uccidendo le barriere coralline, con la perdita di intere specie floro-faunistiche, molte delle quali ormai estinte.
Rifiuti. Migliaia di individui vaganti tra i rifiuti di discariche grandi come regioni, che hanno sempre vissuto lì a rufolare tra la spazzatura per estrarre plastica o altre materie da vendere al mercato del riciclo per pochi miserabili spiccioli. Generazioni di zombie che mai nessuno è riuscito ad immaginare, regista o scrittore di fantasy che dir si voglia.
I luoghi sono i più disparati nel pianeta, dall’Africa alla Siberia, dalla Cina all’Australia, dalla Russia al deserto del Cile. Ma la cosa che stupisce è che ci siamo anche noi: l’Europa e in particolare la Germania, dove demoliscono case e addirittura una chiesa per estrarre la lignite.
E ci siamo anche noi: l’Italia, ben rappresentata dalle cave di marmo di Carrara e dall’acqua alta di Venezia!
Il messaggio dunque pare essere che “ci siamo dentro tutti… nessuno escluso”. Siamo allo stesso tempo vittime e carnefici. Subiamo i danni dovuti ai comportamenti sbagliati, a tratti assurdi, che noi stessi continuiamo a tenere!
Il film, pluripremiato, è solo una parte di un progetto più ampio che comprende anche una mostra, a conclusione di una trilogia di mostre fotografiche iniziata nel 2006.
Un egregio lavoro di sensibilizzazione quello fatto dal gruppo di scienziati e dallo staff di artisti e film maker.
Ma cosa possiamo fare ancora? come possiamo fermare il processo di autoestinzione del genere umano sul pianeta? possiamo invertire il trend? dobbiamo solo adattarci in una logica di resilienza?
Io non ho una risposta… ma una cosa è certa: è urgente fare qualcosa e dobbiamo farlo tutti noi, ciascuno di noi è chiamato a prendersi la sua quota di responsabilità e rispondere con qualcosa che possa compensare i danni fatti, da noi o da chi ci ha preceduto… non importa.
Non abbiamo il tempo di fare processi e trovare i colpevoli. Dobbiamo agire subito e inoculare l’antidoto. Dobbiamo fermare il processo che negli ultimi anni ha subito un’accelerazione impressionante e, siccome questi fenomeni hanno un’inerzia enorme, dobbiamo essere consapevoli che se agiamo oggi… vedremo gli effetti tra molti anni, se non decenni.
Concludo con uno slogan che rubo ad un’altra tematica ma che trovo efficace anche qui: Se non ora… quando?”
Siamo al seno di una madre senza più latte e continuiamo a succhiare incuranti di trovarci in braccio alla morte.